(Adnkronos/Cinematografo.it) - E' morto il regista e sceneggiatore Giuseppe Bertolucci, figlio del poeta Attilio Bertolucci e fratello minore del regista Bernardo Bertolucci, con il quale ha spesso collaborato, come nella stesura della sceneggiatura di 'Novecento'. Giuseppe Bertolucci si e' spento, al termine di una malattia, a Diso, in provincia di Lecce. Il regista era nato a Parma il 27 febbraio del 1947. A dare l'annuncio della sua morte sono stati la moglie Lucilla e il fratello Bernardo.
Il rapporto con il padre, il poeta traduttore, critico, sceneggiatore e documentarista Attilio Bertolucci, e' stato forse il segno che più forte si è impresso sulla persona e sul regista e sceneggiatore Giuseppe Bertolucci, spentosi a pochi mesi dai 65 anni. Un rapporto cui lui faceva risalire anche la passione per il cinema sua e del fratello maggiore, dicendo che proprio "il suo essere poeta ha spinto sia mio fratello Bernardo sia me a cercare una nostra forma di espressione artistica".
In un'intervsta all'AdnKronos, alla vigilia delle celebrazioni per il centenario del padre, nato a San Prospero Parmense il 18 novembre del 1911 e morto a Roma il 14 giugno 2000, Giuseppe Bertolucci - che gli ha reso omaggio nella ricorrenza della nascita con lo spettacolo 'Una vita in versi', e poi con il monologo 'In casa d'altri' (da un racconto di Silvio D'Arezo), il tutto sotto il titolo A mio padre - raccontava che "la vera questione è che mio padre era un grande poeta e io, mio fratello e ancora più spesso mia madre eravamo personaggi delle sue poesie e nell'infanzia". "Ho cominciato a leggere quelle che mi riguardavano - proseguiva - a sei, sette anni, ne provavo grande gratificazione e anche grande inquietudine: quella di essere una terza persona di cui lui parlava nelle sue poesie. Sono sicuro che questo, il suo essere poeta, sia stata una delle ragioni che hanno spinto sia mio fratello Bernardo sia me a cercare una nostra forma di espressione artistica".
"All'inizio entrambi abbiamo anche scritto poesie e mio padre era sempre orribilmente positivo nei suoi giudizi, non sapevo se potevo fidarmi di lui", aggiungeva Giuseppe Bertolucci, con unplurale che ricomprendeva il fratello riconoscendo poi l'influenza del padre nel suo cinema anche quanto all'avere "come primo punto di vista sulla bonta' delle cose che faccio quella della loro riuscita poetica".
Al padre poeta, il regista affermava di rifarsi anche in uno dei passaggi piu' delicati della sua professione, la direzione degli attori: "I poeti, soprattutto i poeti moderni e mio padre in particolare, avevano, hanno, una forma di lavoro creativo che li apparenta agli sciamani, nell'uso della lingua verso i lettori. Nei momenti piu' felici, quando il rapporto con l'attore è riuscito, anche il regista è uno sciamano, si colloca fra il testo e la sua messa in scena, se ha il talento e gli strumenti per andare a sondare il lato misterioso dell'attore".
Quello che Giuseppe Bertolucci non raccontava in quell'occasione del padre, dandolo per scontato, è l'infanzia trascorsa nel podere di famiglia, il cerchio professionale e amicale che convolgerà poi anche i figli, la liason con l'immagine come nella collaborazione con Anton Giulio Maiano per lo sceneggiato televisivo La fiera delle vanità (1967), il sostituirsi a Pasolini, dopo la sua morte, alla direzione della prestigiosa rivista Nuovi argomenti, insomma, per riassumere tutto in una parola, il "Novecento". Un Novecento che lo accumuna al fratello Bernardo nell'affresco di un'Italia che non c'è più. Giuseppe Bertolucci, infatti, mosse i primi passi nel mondo del cinema facendo da aiuto del fratello per La strategia del ragno (1970), esordì l'anno dopo con il mediometraggio I poveri muoiono prima, e collaborò alla sceneggiatura di Novecento (1976) con Bernardo e Franco Arcalli.
Giuseppe Berttolucci è stato, fra l'altro autore per Benigni con il testo teatrale Cioni Mario di Gaspare fu Giulia dal quale fu tratto nel 1977 il film Berlinguer ti voglio bene, lavorò alle sceneggiature di La luna, Tu mi turbi, Non ci resta che piangere, ha girato, fra gli altri, Segreti segreti (1984), I cammelli (1988), Troppo sole (1994), Il dolce rumore della vita (1999), L'amore probabilmente (2001), Luparella (2002), Pasolini prossimo nostro (2006). Fra i suoi impegni vi fu, per molti anni, quello di dirigere la Cineteca di Bologna.
Nel 2006 aveva presentato alla 63° Mostra di Venezia il documentario, che lui definiva "fotoromanzo", Pasolini prossimo nostro, realizzato con le foto di scena di Salò o le 120 giornate di Sodoma e una intervista fatta dal giornalista Gideon Bachman a Pasolini sul set del suo ultimo film.