L’Avana, dicembre 1990. René González, pilota di linea, ruba un aereo e fugge da Cuba, mollando moglie e figlia. La nuova vita è a Miami, dove presto lo raggiungeranno altri dissidenti: ma qual è la verità? Wasp Network di Olivier Assayas è un film non riuscito. E sì che sulla carta aveva tutto, o quasi.

Un regista come Assayas, capace di passare con leggiadria dal terrorismo seriale di Carlos all’ebanisteria analogico-digitale-sentimentale di Doubles Vies, dal Sessantotto di Après mai al duplex fascinoso e perturbante di Sils Maria e Personal Shopper, per rimanere alla produzione più recente.

Poi, un cast, come si dice, importante: Penélope Cruz, Edgar Ramírez (René González), Gael García Bernal, Wagner Moura, Ana de Armas, Leonardo Sbaraglia.

Infine, una storia, vera, potente, smerigliata: dal romanzo Os últimos soldados da Guerra Fría di Fernando Morais, focus sul Wasp network, ovvero il manipolo di spie cubane infiltrato tra gli anticastristi in Florida negli anni Novanta.

C’è la materia geopolitica, il voltaggio spy, ci sono le ricadute familiari, sull’asse Cruz-Ramirez, le ricadute passionali, sull’asse Moura-de Armas, c’è molto, insomma, per appassionare, e invece no: il racconto è piatto, immoto, sembra un film in vacanza, a tratti persino sciatto. Non casualmente, quando vedi Castro e Clinton di repertorio quasi sobbalzi sulla sedia, nel senso che ti svegli.

Non pare credervi nessuno, né gli attori che recitano col pilota automatico, né Assayas che non cambia mai marcia, che sia un aereo anticastrista abbattuto, una schermaglia amorosa o un conciliabolo tra doppiogiochisti filma tutto uguale, brachicardico. Peccato, rimane l’interesse per questa reta di controspionaggio, sventata dall’FBI nel 1998, ma l’aggetto psicologico ai minimi termini dei protagonisti non aiuta a esaltarlo: che ti è successo, Olivier?