Non serve immaginare, chiudere gli occhi o immergersi nei pensieri più fantasiosi per figurarsi l’assenza umana, le strade deserte e il silenzio viscerale che tanto cinema, letteratura e fumetto catastrofista ci hanno per decenni presagito. Basta, invece, riportare alla mente l’inizio della Pandemia, divenuto immaginario collettivo di un universo schiacciato, immobilizzato e costretto a fermarsi.

E’ il 30 marzo 2020 e questa data sancisce l’inizio di un duplice e intrecciato racconto: i venti giorni dopo la chiusura totale del Paese e le prime parole del docufilm Sotto lo stesso tempo. Presentato Fuori Concorso al 39mo Torino Film Festival, ora disponibile su RaiPlay, il documentario racconta il primo anno dell’emergenza sanitaria attraverso le vite di dieci studenti del corso di cinema al Centro Sperimentale di Cinematografia nella sede di Palermo diretto da Costanza Quatriglio.

Protagonisti ed autori, osservati ed osservatori, le ragazze e i ragazzi divengono i creatori di un sistematico, quanto artisticamente frammentario, diario di bordo fatto di testimonianze in tempo reale di quella repentina svolta epocale che si è brutalmente abbattuta sulla quotidianità di un’intero pianeta.

Non poter uscire, vivere soli tra quattro mura o sentirsi soffocare per non avere quella solitudine spesso salvifica per una necessaria decompressione, non sapere più se è lunedì o martedì o contare il passare dei giorni contrassegnandoli come numero X della quarantena.

Fuori tutto apparentemente tace e la routine si riversa all’interno delle case in variegati microcosmi in cui ognuno trascorre, come può, le giornate: disegnando la facciata della propria abitazione lontana scegliendo di collocarla in un fluttuante limbo colorato o lasciandosi andare in balli liberatori seguendo le note delle canzoni della playlist “Casa”, evocatrici di momenti felici.

I ricordi personali, e non, si susseguono e vengono visivamente resi sia da materiali di repertorio di un passato recente che da fotografie e riprese casalinghe appartenenti all’ambito più personale, confermando la preziosa considerazione che “tutta la vita si fonda sui ricordi”.

Sotto lo stesso tempo ©️Archivio fotografico Cineteca Nazionale - Csc
Sotto lo stesso tempo ©️Archivio fotografico Cineteca Nazionale - Csc
Sotto lo stesso tempo ©️Archivio fotografico Cineteca Nazionale - Csc
Sotto lo stesso tempo ©️Archivio fotografico Cineteca Nazionale - Csc

I mesi passano e il documentario segue perfettamente il percorso ascendente verso l’agognata libertà: è maggio e siamo liberi. Tutto lentamente inizia a scorrere e con cautela tutti e tutte tentano di rimpossessarsi della propria individualità.

Come in un cerchio continuo, la narrazione è circolare, gira su sé stessa come, di fondo, sta accadendo di nuovo anche oggi. Il durante e il dopo, le estreme conseguenze di una realtà dove a mano a mano bisognerà conquistare nuovamente luoghi di nostra appartenenza, tentando di arginare le distanze prima che divengano irrimediabilmente siderali. L’aver osservato lungamente l’esterno da una prospettiva limitata ha anche influito sul far affiorare questioni e necessità fino a quel momento mai percepite.

E trattandosi di giovani registi ad emergere è il quesito di come poter rendere con le immagini tutto questo. Se globalmente determinate figure ci fanno subito pensare a tutta una catena di eventi storicamente ben definiti, ci si domanda quali potranno essere i simboli che spiegheranno la forza devastante di un nemico invisibile.

Come restituire l’impossibilità di potersi sfiorare o la presenza di un qualcosa che non si può stringere tra le mani? Ma uno degli aspetti su cui il film riflette di più è come si è dovuto imparare a concepire il tempo, da fugace e sfuggente a così lento da sentirlo scivolare”. Per la prima volta, infatti, ciascuno di noi ha vissuto “sotto lo stesso tempo” sospeso alla ricerca di un compromesso che sancisse la fine di tutto.