Thriller del giovane Puglielli (Tutta la conoscenza del mondo) ambientato in una città non meglio identificata di cui la macchina da presa rivela la decadenza architettonica e la putrescenza morale. Gli Occhi di cristallo costituiscono il diaframma di un delirio patologico che si incolla al reale: un serial killer seziona le proprie vittime per creare un ordine nuovo. Questa logica follia è avversata dall'ispettore Amaldi (Luigi Lo Cascio), chiamato a superare le proprie fragilità per percorrere a ritroso la scia di sangue lasciata dall'omicida seriale: una missione uguale e contraria a quella dell'avversario, per la quale è necessario accantonare l'amore e accostare le tessere straziate di un puzzle organico. Il regista punta a una narrazione serrata, affidando la scansione dell'azione agli effetti sonori, ma non riesce a dissimulare le debolezze del film: dialoghi stanchi, debiti ingenti (Psycho su tutti), personaggi stereotipati e regia sovente convulsa. Accolto nell'indifferenza alla Mostra di Venezia, Occhi di cristallo si costruisce negli stilemi e nelle marche poetico-ideologiche del genere di riferimento, ma non riesce a farli propri: mancando la presa, scivola e si fa male. Il primo a non credere nel film pare proprio Lo Cascio, protagonista di una prova incolore.