I momenti più belli di Light of My Life, il secondo film da regista di Casey Affleck (dopo il mockumentary dedicato a Joaquin Phoenix), sono quelli in cui la macchina da presa indugia su Affleck - anche protagonista - e Anna Pniowsky mentre sono sdraiati, mentre si raccontano storie o confidenze in tenda poco prima di dormire, un padre e una figlia in lotta per sopravvivere in un mondo in cui un’epidemia ha sterminato quasi tutta la popolazione femminile e quindi la ragazzina rischia grosso.

In quelle inquadrature, spesso dall’alto, il regista abbraccia i due personaggi e ne suggella la difficile intimità, le piccole mete di un percorso enorme: prima di essere un film post-apocalittico, quello scritto dallo stesso Affleck con varie e piuttosto evidenti ispirazioni, è un dramma familiare su una ragazzina che deve diventare donna e allo stesso tempo fingere di non esserlo e su un padre che deve cercare di capirla quella donna in fieri, la determinazione di lei contro l’imbarazzo tenero di lui a doversi confrontare con determinate questioni intime della femminilità.

Casey Affleck sul set di Light of My Life
Casey Affleck sul set di Light of My Life
Casey Affleck sul set di Light of My Life
Casey Affleck sul set di Light of My Life

Lo sfondo sociale e il parallelo con la realtà sono chiari (per i maligni, anche una reazione alle accuse di molestie e sessismo che Affleck affrontò all’epoca del primo film), ma più che la questione politica al film interessa quella personale, la riflessione sulla moralità e sull’etica e sulla differenza tra insegnarle e praticarle: alla regia non interessa tanto l’azione del dramma, ma il suo significato umano e quindi si affida a un ritmo fluviale, a un uso degli spazi naturali che restituisca la percezione di un mondo abbandonato, a un look e a scelte estetiche che guardano a un certo cinema indie ma che da quelle inquadrature, da quei piani, persino dagli obiettivi possano trarre la più profonda umanità.

Come in quelle scene riprese dall’alto in cui padre e figlia costruiscono il loro rapporto, realizzate come fossero abbracci che si vorrebbe non finissero più.