Per quanto dispiaccia dirlo, Jason Statham non si è inventato niente. Anzi, l’adrenalinico plot delle “poche ore di vita in cui devo risolvere tutto”, risale addirittura al 1949, quando uscì un piccolo noir, D.O.A. Dead on Arrival, che diede il via alle folli corse prima che sia troppo tardi.

Il prototipo ebbe un paio di remake, uno molto buono con Dennis Quaid, anche il buon Crank ha avuto due Lazarus Effect, e adesso è la volta di Ethan Hawke, attore che riesce a destreggiarsi magnificamente tra prodotti d’autore di grande spessore e cinema alimentare. Eppure, nonostante i limiti evidenti, 24 Hours to Live è un prodotto di gradevolissimo intrattenimento per gli amanti del genere.

 

Girato con sicurezza, montato magnificamente e con un protagonista che riesce a far credere che senza di lui il mondo non resisterebbe dieci minuti. Trama semplicissima, un contractor ritiratosi dopo la morte di moglie e figlia, viene assoldato per uccidere un testimone chiave, ma le cose non andranno come previsto.

Niente di nuovo, ma spesso il cinema è come la buona cucina: è più difficile un piatto di pasta al pomodoro che una raffinata ricetta da chef stellato. Perché la pasta piace a tutti, ma è un attimo che scuoce.