Dal regista e sceneggiatore Dan Fogelman, creatore della serie tv This is us, arriva nelle sale La vita in un attimo: un dramma romantico sulle note del leggendario album di Bob Dylan Time Out of Mind. Una pellicola che si divide in tre capitoli con la voce fuoricampo di Samuel L.Jackson. Il primo segue la storia d’amore che si svolge nelle affollate strade di Manhattan tra Will (Oscar Isaac) e Abby (Olivia Wilde) dal loro incontro al matrimonio e al concepimento di un figlio fino alla tragica separazione. Poi c’è Dylan (Olivia Cooke), una ragazza ribelle che è stata cresciuta dal nonno (Mandy Patinkin) e che cerca di sfuggire alle proprie sofferenze. Infine, nel terzo atto, veniamo catapultati in tutt’altra ambientazione e cioè negli uliveti della campagna spagnola e ci troviamo davanti Antonio Banderas nei panni del signor Saccione, un ricco proprietario terriero. Insieme a lui c’è il suo braccio destro Javier (Sergio Peris-Mencheta) che gestisce la sua piantagione dove vive insieme alla moglie Isabel (Laia Costa) e al figlio Rodrigo (Alex Monner).

Cosa c’entrano i grattacieli con gli uliveti della campagna di Siviglia? E la prima storia con l’ultima? Lo scopriremo guardando questo film il cui intento è quello di legare l’un l’altro i vari accadimenti della vita. Proprio come This is us che raccontava le vite di tre fratelli collegandole tra loro ed esplorando come le diverse storie narrate si evolvessero nel tempo e si influenzassero vicendevolmente. Ma qui è proprio questo legame che non regge e appare totalmente forzato. 

La vita in un attimo sembra di fatto una vita in due attimi e questa pellicola due film completamente disorganici che si vuole a tutti i costi appiccicare l’uno all’altro. Più nel dettaglio, il primo atto a suo modo regge grazie soprattutto all’interpretazione di Oscar Isaac, al contrario tutta l’ultima parte sfocia in un melò reiterato e patetico. Inoltre man mano che il film va avanti la voiceover di Jackson entra in disaccordo con l’azione che vediamo sullo schermo introducendo l’idea che il narratore sia inaffidabile come d’altronde la vita stessa. Ma il primo ad essere inaffidabile è proprio il film.