I ricordi legati agli anni di scuola appartengono al bagaglio esperenziale che fin dalla tenera età si arricchisce di momenti condivisi e sensazioni: il compagno di banco, l’insegnante severo o i troppo brevi intervalli tra una lezione ed un’altra, tanto per citarne alcuni. Ed ognuno di noi è in grado di riviverli mentalmente potendo ritrovare anche solo una di quelle tracce nella memoria.

C’è chi invece non può appellarsi all’esperienza perché impossibilitato a sperimentare questi importanti episodi di passaggio, come è il caso del piccolo protagonista del film documentario Kristos, l’ultimo bambino di Giulia Amati.

La coproduzione internazionale (Italia, Francia, Grecia) presentata alla 19ma edizione delle Giornate degli Autori, sezione ‘Notti Veneziane’, è la storia di Kristos, l’ultimo bambino rimasto tra i soli trenta abitanti di Arki, un’isola del Dodecanneso. Oltre ad essere l’unico della sua età, è anche il solo studente del piccolo istituto elementare, anch’esso ultimo baluardo dell’iter educativo del luogo. Per terminare la scuola dell’obbligo, infatti, Kristos dovrebbe lasciare casa e spostarsi in un’isola più grande, ma la famiglia non possiede i mezzi economici necessari per permettergli il trasferimento e, in più, il padre non riesce ad abbandonare l’idea che il figlio debba essere un pastore come tutti gli altri fratelli. Sarà la maestra Maria a combattere strenuamente per trovare il modo per farlo studiare, lasciando nelle mani del suo allievo la decisione finale.

A manifestarsi duramente agli occhi del protagonista è un bivio costituito da due scelte diametralmente opposte e inconciliabili, cariche di aspettative, rinunce, responsabilità e fin troppo impegnative da valutare per la mente acerba di un ragazzino decenne. Diventare pastore come il padre che tanto ammira e al quale si ispira o studiare con i propri coetanei, mai vissuti nella quotidianità, e in futuro tornare ad insegnare nella poco affollata scuola di Arki.

Kristos è quindi obbligato ad assumersi precocemente l’onore di fare una scelta significativa viziata, sia dalla sicurezza di una vita già preconfezionata che ben conosce, sia dai primi barlumi di sogni teneramente custoditi. Ad accompagnare la riflessione riguardo l’arduo dilemma, la saggezza popolare dei pochi residenti che esortano il ragazzino a non sprecare la propria giovinezza e soprattuto la caparbietà di Maria, riluttante nel credere al destino già scritto del suo ‘bambino emotivo’ a cui ha insegnato che ‘la forza trainante nella vita e l’arma più potente sarà sempre l’amore’.

La vicenda raccontata da Amati è significativa nella sua nitidezza e chiara nel volere privilegiare l’ambientazione costituita da suoni rurali di un vivere rallentato e scandito dai ritmi della natura. Ma a spiccare luminosamente è la delicatezza che affiora tramite il volto di Kristos, capace di veicolare trepidazione, malinconia e precoce rassegnazione, esplodendo con dolcezza nelle scene di sincero coinvolgimento. Difficile non essere colpiti da autentica empatia nelle scene più emotivamente composte.

Il film è quindi omaggio sincero e disinteressato all’infanzia, ma allo stesso tempo esortazione ad avere il coraggio di prendere decisioni perché spesso la scelta giusta è situata dall’altra parte del mare.