Valori, famiglia, immigrazione: tutti termini che presi singolarmente si sentono spesso rimbalzare nel discorso pubblico, ma che è difficile trovare mescolati insieme, o per lo meno non in modo così stretto come ha fatto Verdone nella sua ultima commedia Io, loro e Lara, diretta e interpreta a fianco di Laura Chiatti.
Svestiti i panni dell'uomo medio attanagliato da crisi depressive e di mezza età, il regista e attore romano ha deciso di cimentarsi niente meno che con l'abito talare, qui vestito in maniera più seria rispetto agli esilaranti sketch sui religiosi di cui è puntellata la sua carriera. Questo Padre Carlo è un missionario davvero devoto e pio, che decide di tornare a casa per riflettere su alcuni dubbi di fede sorti con lo scorrere degli anni. Arrivato in Italia non trova però il conforto dei suoi famigliari, bensì una situazione ingarbugliatissima, con l'anziano padre che si è sposato la badante e vuole lasciare la casa alla figlia di lei, Lara, scatenando la rivolta dei suoi altri due fratelli. Trovatosi nell'occhio del ciclone, starà a lui instaurare un dialogo tra questi due mondi conflittuali, cercando una via d'uscita al paradossale caos dei rapporti parentali nell'era della globalità e delle migrazioni di massa.
Nonostante il film soffra di un certo buonismo palliativo in pieno spirito natalizio, Verdone riesce a realizzare una commedia leggera e divertente, ma allo stesso tempo piena di spunti sviluppati attraverso un punto di vista originale, che si allontana dalla banalità ormai imperante in tutti i film comici italiani. Non mancano certo macchiette, scene scontate da cabaret né momenti di stallo. Ma la capacità di ribaltare da un momento all'altro pregiudizi ben radicati nell'immaginario collettivo, e di proporre il loro superamento come un punto di partenza per nuovi modelli sociali e famigliari, è qualcosa che non si vede spesso nel nostro panorama cinematografico, e che avvicina Io, loro e Lara a un certo tipo di commedia popolare made in USA, dove di stereotipi razziali da sfatare ce ne sono a bizzeffe.
Un film che si fa dunque apprezzare non solo per l'intrattenimento e le buone prove dei suoi interpreti, ma anche per il respiro un po' più ampio del suo humor, forse un po' romanesco e truce, di certo di non inglese, ma neppure zotico e volgare come quello che si è ormai tristemente imposto come lo standard italiano.