Anni Sessanta. Yuri Gagarin inaugura il progetto abitativo che poi prese il suo nome alla periferia di Parigi. Inizia così, con questi filmati d’archivio in bianco e nero e gli sguardi felici e sorridenti dei suoi futuri abitanti, l’opera prima di Fanny Liatard e Jérémy Trouilh, presentata ad Alice nella città e prossimamente al cinema.

Trecentosessantacinque appartamenti, un enorme complesso di alloggi popolari di mattoni rossi. Edifici alti, costruiti al fine di sgomberare tutte le baraccopoli che si estendevano ai confini della capitale francese e che, nel 2019, furono demoliti, rasi al suolo per dare spazio a nuovi progetti di riqualificazione urbana.

Quei palazzoni per gli occhi di Youri (Alséni Bathilly) , uno dei suoi tanti abitanti, erano così alti semplicemente perché puntavano alle stelle e alla luna.

Ecco, con lo stesso sguardo poetico e da sognatore del protagonista, idue registi ci raccontano la storia di Cité Gagarine, prendendo dal reale (il film è stato girato poco prima e durante la demolizione avvenuta nell’estate del 2019 in collaborazione con isuoi residenti a Ivry-sur-Seine) e accostandoci quella cifra surreale riescono ancor meglio a documentarci la resistenza di chi credeva in quell ’utopia collettiva architettonica.

Per certi versi, Gagarine ricorda un altro bell’esordio (sempre presentato ad Alice nella città) dal titolo Punta Sacra, racconto di cinquecento famiglie che vivono nell’ultimo lembo di terra alla foce del Tevere e che resistono lottando quotidianamente contro il rischio della demolizione.

Sempre in bilico tra le salde radici nel complesso architettonico e la (sua-loro) testa tra le stelle il racconto di questa comunità “vicina alla luna” commuove e ci fa scoprire una banlieue di sognatori (nel cast anche la brava Lyna Khoudri, già in The Specials).

Assolutamente da non perdere.