Che le multinazionali non fossero modelli d'onestà si sapeva. Che fossero anche sofisticate agenzie di spionaggio lo scopriamo grazie a Tony Gilroy che - dopo i raggiri dell'industria farmaceutica scoperchiati in Michael Clayton (7 nomination agli Oscar) - indaga le magagne delle companies dei saponi. In particolare quelle della Omnikron, leader dei cosmetici, amministrata dal rapace Dick Garsik (bravo Paul Giamatti) e dotata di una vera e propria intelligence interna. Per accaparrarsi la formula segreta di un prodotto destinato a spostare gli equilibri di mercato, la multinazionale non si fa scrupolo di infiltrare tra le fila della storica rivale - la Burkett & Randle capitanata dal mefistofelico Tom Wilkinson - Claire Stenwick (Julia Roberts), un'ex spia CIA. Pessimo affare. Scaltra, sicura, e ansiosa di mettere le mani su un bel po' di verdoni, Claire lavora solo per se stessa. E con l'aiuto di Ray Koval (Clive Owen), una vecchia conoscenza dell'MI6 britannico, farà di tutto per rubare la formula e rivenderla al migliore offerente...
L'idea di raccontare la competizione industriale come una guerra tra intelligence era interessante. Peccato che il film finisca dove inizia la love story tra la Roberts e Owen, ovvero troppo presto. Gilroy, anche autore dello script, mette da parte le atmosfere plumbee del legal thriller d'esordio per un improbabile miscela tra cinema di denuncia e commedia rosa. Il tono scanzonato non sembra però appropriato per mettere il naso negli affari sporchi delle multinazionali, e l'impassibile incedere della macchina da presa tra i corridoi del retrobottega aziendale - dove covano deliri di onnipotenza e piani machiavellici - si pianta di fronte al trito e ritrito bailamme sentimentale. Come se il Clooney di Micheal Clayton sbattesse il muso contro la Zeta Jones di Prima ti sposo e poi ti rovino. In una faticosa sequela di flashback che invece di riannodare i fili di una storia improbabile finiscono per sfibrare l'unico legame possibile: quello col pubblico.