La crisi della democrazia, la perdita dell’amore verso la Costituzione, la sfiducia nelle istituzioni anche quelle scolastiche e la fragilità dei rapporti interpersonali: l’idea di fondo di Dio salvi la Regina, diretto dal colombiano (ormai italiano) Andrès Arce Maldonado, è interessante, intrigante. Diana (Sibilla Barbieri) è un medico della mutua, separata, forse divorziata, ha due figli, e stufa del sistema governativo italiano, propone l’indipendenza della sua abitazione dallo Stato Italiano. Innalza sul tetto una bandiera azzurra dove si può immaginare il disegno centrale che la anima, che sia stella o fiore, e prova a scrivere una costituzione, magari fondata sulla verità, come le suggerisce il figlio, “perché i cittadini devono dire la verità”.

Dio salvi la Regina è una commedia originale e ben interpretata, però spesso rischia di cadere in quella leggerezza paradossale in cui la narrazione dell’assurdo conduce a sorridere ogni tanto ma mai a ridere. Tutto diventa inverosimile e lo sguardo del pubblico si distanzia dal film. Osserva, riconosce le istanze che lo animano, apprezza l’indipendenza produttiva, ma se si vuole trovare un fresco paragone filmico non ha la profondità del belga Dio c’è e vive a Bruxelles.