L’adolescenza come arte difficile di trovare se stessi cercando risposte nella letteratura, nella musica e ovviamente nell’amore. La giovanissima Joana, brasiliana trapiantata bambina in Francia, è costretta a tornare in Brasile. È il 1979, un’amnistia cancella colpe e condanne degli oppositori al regime e regala nuove prospettive agli esuli. La ragazzina non vuole saperne di andare a vivere a Rio, di lasciare le amicizie e Parigi, forse presagendo un viaggio all’indietro che sarà anche un’immersione in dolorosi ricordi sepolti nella memoria.

Opera prima di Flavia Castro, Deslembro è un film largamente autobiografico e dalle mille sfaccettature che evidenzia una maturità stilistica davvero fuori dal comune.

La regista costruisce infatti un puzzle in cui il ritratto adolescenziale si interseca costantemente con le reminiscenze delle lotte contro il regime totalitario, l’anarchia della gioventù con l’esperienza dei primi amori, la nostalgia con la cruda verità. Esilio e battaglie politiche. Retate della polizia e giovani misteriosamente scomparsi. Ferite vecchie e nuove. Samba e canzoni d’autore come contrappunto a una vicenda dolorosa nella quale a vincere è però la vita.

Deslembro, che pure si nutre di due culture, resta profondamente brasiliano pervaso come è da una sensualità insinuante che scalda le inquadrature e i cuori dei protagonisti. Più di tutti quelli di Joana, che nell’affetto della nonna e nell’incontro con un ragazzo tormentato come lei dalla malinconia propria dell’adolescenza, scopre il piacere  di cominciare a scrivere la propria vita.