La cosa più bella del nuovo film di Francesco Bruni, già Andrà tutto bene, cassato causa Covid, e quindi Cosa sarà, sono gli occhi delle donne. È un omaggio da uomo e da regista alle donne e alle attrici che s’è scelto, i loro sguardi sono risvolti a sé stesso, ovvero al protagonista allettato Kim Rossi Stuart su cui Bruni riverbera la propria esperienza personale, dunque la malattia. E la guarigione.

Occhi e non volti, pars pro toto invero molto attuale: quegli sguardi sormontano la mascherina chirurgica, sono di Raffaella Lebboroni, Fotinì Peluso, Lorenza Indovina e Barbara Ronchi, capaci tutte di dirsi e dirci anche se viscontesse dimezzate, solo occhi e che occhi. Parlano quegli occhi, che guardano forzatamente dall’alto in basso, e ci dicono quel che già sappiamo: se noi uomini ci professiamo, peraltro compiaciuti e convintamente migliori, fragili, loro, le donne sono stanche di essere forti.

Teniamone conto, anzi, facciamoci i conti. Come Bruni fa con la propria malattia e la propria professione, infettando l’una dell’altra (basti pensare all’esilarante sequenza al Medicinema del Policlinico Gemelli…), e viceversa: lontano dal cancer movie, vocato al romanzo di (ri)formazione, incline all’autofiction, spalancato al pubblico, si guarisce un po’ anche così. Forse.

Francesco Bruni © Fabio Bacci

Chiamando alla collaborazione in scrittura Kim Rossi Stuart, non ne fa solo questione di cuore, ma di cooperazione, cosa abbastanza rara nel cinema nostrano: non ha paura, Bruni, insomma. Mette in scena la propria vita al cospetto della morte, ovvero della donazione altrui: è anche la misura del suo cinema, che chiede sapendo (di) chiedere. Dunque, la dedica a Mattia Torre, dunque, Bruno Salvati, cognome che sa di invocazione personale e di salvezza allargata, partecipata. Anzi, tagliamo corto e anagrammiamo: Bruni Salvato.

Bruno ha la bellezza di Rossi Stuart, la filmografia di Bruni e un tot della sua biografia, la moglie Anna (Indovina), dalla quale si è recentemente separato, i figli Adele (Peluso) e Tito (Tancredi Galli). La malattia è leucemia, l’ematologa (Lebboroni) capace e assertiva, l’obiettivo trovare un donatore di cellule staminali compatibile, e nel passato oscuro del padre Umberto (Giuseppe Pambieri) forse la risposta al cosa sarà del figlio…

Cosa sarà di Francesco Bruni (© Paolo Ciriello)

Nel cast anche Nicola Nocella, il dramedy per genere, il confessionale laico per registro, il film ha qualche caduta enfatica, qualche macchiettismo, sovente in quota Pambieri e un tot Ronchi, e qualche taglietto avrebbe snellito, ma non mancano scelte ghiotte in sceneggiatura, alla voce Cicciobello e fragile/gay per esempio, i flashback di derivazione chemioterapica sono ben innestati, i personaggi femminili scritti e recitati assai bene, Kim Rossi Stuart in un ruolo che nel nostro cinemino può fare solo lui.

È Bruno, e siamo noi, a guardare quegli occhi, a guardare gli altri già elisi, elusi, trascurati nel cammin di nostra vita: è guardare, è contraccambiare lo sguardo che salva. E non c’è bisogno di un cinema in ospedale per saperlo.