Un’orgia, di cui non si vede nulla, perché non si arriva al sodo. Unica eccezione, un dildo usato per puntale dell’albero di Natale – poi perché farlo all’ultimo dell’anno l’albero? – e lo stupefacente allattamento di Isabella Ferrari al figlio neopatentato: se cercate pruderie vi dovete accontentare. Più difficile accontentarsi del film, Cosa fai a Capodanno?, esordio alla regia di Filippo Bologna, già scrittore e co-sceneggiatore di Perfetti sconosciuti.

Nel cast corale Luca Argentero, Ilenia Pastorelli, Alessandro Haber, Vittoria Puccini, Isabella Ferrari, Ludovico Succio, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Valentina Lodovini, Riccardo Scamarcio, di cui due verranno letteralmente dimenticati, è un Kammerspiel ambientato in uno chalet innevato (Dobbiaco), che dovrebbe ospitare degli scambisti per un Capodanno alternativo: una coppia in cerca di emozioni (Lodovini e Scamarcio), un politico destrorso e razzista in sedia a rotelle (Haber, l’unico a salvarsi insieme alla Ferrari) con accompagno femminile (Puccini), due ladri (Argentero e Pastorelli), una gallerista radical chic (Ferrari) con figlio (Succio), e i porta catering (De Lorenzo e De Ruggeri) se arrivano.

Ci sono sparute battute indovinate, su tutte “Solo un maniaco sessuale può accanirsi su un corpo per tutta una vita”, o della monogamia, altre non pervenute: “Anche il soffritto è meglio della politica”, nonché calcoli tristissimi – ad Haber l’incombenza di comunicarci quanto tempo un uomo eterosessuale passi dentro la vagina in una vita media – e freddure raggelanti – il cammeo con fellatio di Pigi Battista – e ancor più manca il senso dell’operazione: prendere in prestito dai Coen e Tarantino, da Ferreri e Buñuel,  da chi vi pare e chi vi piace, per fare cosa? Un Carnage senza colpo ferire, una commedia grottesca e surreale non si sa come, un esercizio di stile che è poi un esercizio e basta, un western ammobiliato, un Perfetti scambisti, che altro?

C’è molto vorrei ma non posso, ma già sul vorrei si potrebbe sindacare: come declinare temi pesanti e pensanti quali immigrati, politica, giovani e via qualunquendo con una drammaturgia così lasca, raccordi mancati – i funghetti prima in vaso di legno e poi a specchio – e personaggi, appunto, tralasciati o lasciati a se stessi, per tacere dei colpi di scena che non colpiscono e di plurime incongruenze.

E’ tutto intenzionalmente derivativo, ma con una devastante controindicazione: non solo l’abbiamo già visto, l'abbiamo visto fatto meglio.