Dopo Non ci resta che il crimine (2019) sulla Banda della Magliana e Ritorno al crimine (2021) sui “gomorriani”, arriva il terzo (e ultimo?) capitolo della saga sul crimine portata avanti da Massimiliano Bruno.

S’intitola C’era una volta il crimine (la parola “crimine” nel titolo non poteva mancare) e ci conduce in un altro viaggio nel tempo. Siamo all’epoca della Seconda guerra mondiale. Precisamente è l’8 settembre del 1943. Data storica importante: quella dell’armistizio. La composita banda, interpretata sempre da Marco Giallini, Edoardo Leo, Gian Marco Tognazzi, Giulia Bevilacqua, lo stesso Bruno e Giampaolo Morelli (che prende il posto di Alessandro Gassmann), vuole provare a rubare la Gioconda ai francesi. Contemporaneamente si trova a dover fronteggiare i nazisti, i fascisti e i partigiani. Nel corso di questo viaggio incontrerà alcuni dei personaggi che hanno fatto la storia del Paese come Sandro Pertini, Benito Mussolini, il Re Vittorio Emanuele e addirittura Adolf Hitler.

Diciamolo subito: il terzo capitolo della trilogia non va. La buona notizia è che stavolta l’uscita in sala è assicurata e pure in forma massiccia (sarà distribuito in 500 copie da 01 distribution). Ma a livello tempistico la sfortuna di Bruno, cominciata con il precedente Ritorno al crimine per via della pandemia (il film doveva uscire al cinema a marzo 2020, alla fine è andato su Sky Cinema a luglio), prosegue.

Questa volta la concomitanza inaspettata con la guerra in Ucraina sicuramente non giova. Come dire, difficile ridere di carri armati, elmetti e sparatorie in questo periodo. Ma non è solo questo. Forse è proprio l’ambizione di voler richiamare i capolavori di Mario Monicelli come La grande guerra (1959) e L’armata brancaleone (1966) con la sua rilettura della storia in chiave nazional-popolare che è davvero un obiettivo troppo alto (i primi due film omaggiavano Non ci resta che piangere con Benigni e Troisi e Ritorno al futuro di Robert Zemeckis).

E poi c’è la componente "abitudine". Il crimine ormai è stato declinato in ogni sua forma da Max Bruno (anche la produzione- la IIF di Fulvio e Federica Lucisano- ha già annunciato di voler fare un quarto capitolo ispirato al caso della Gioconda trovata a Montecitorio...) e questa banda sembra ormai davvero aver fatto il suo tempo. Lo dimostra il fatto che sono proprio le new entry, ovvero Giampaolo Morelli e Carolina Crescentini (una fotografa che protegge sua figlia dai nazisti), a funzionare di più.

“La libertà è partecipazione”, cantava Giorgio Gaber (canzone più volte citata nel film). Bene, in questo caso si può dire che la libertà è quella del revisionismo storiografico che sfocia in un gran polpettone a fumetti e la partecipazione (dello spettatore) manca. Insomma, liberiamoci dalla saga del crimine.