Sarà tra i concorrenti più forti di Nuovomondo nella corsa alla nomination all'Oscar per il miglior film straniero, s'intitola Water ed è diretto dall'indiana Deepa Mehta, ma è stato scelto per rappresentare il Canada. Il film - già applaudito in anteprima al festival di Taormina - uscirà nei cinema italiani il 6 ottobre con il patrocinio di Amnesty International e promosso, nel nostro paese, da un "testimonial" d'eccezione, il ministro per le politiche europee Emma Bonino. Terzo capitolo di una trilogia sugli elementi fuoco, terra e acqua, Water racconta la difficile condizione della donna in India negli anni Trenta, prima dell'ascesa del Mahatma Gandhi. Protagonista è la piccola Chuyia che, vedova all'età di appena 8 anni, viene abbandonata dalla propria famiglia in una casa che ospita altre 14 donne nelle sue condizioni. Tutte sono costrette a vivere come penitenti, con l'unica colpa di aver perso il marito, sono rasate, indossano semplici sari bianchi, non hanno diritto di parlare e possono mangiare una sola volta al giorno. "Nonostante il racconto si riferisca a un'epoca e a un momento storico preciso, ancora oggi le donne indiane sono vittime di violenza e discriminazione. In tutto il paese sono circa 34 milioni le vedove e 12 milioni di esse sono ospitate da istituti come quelli mostrati nel mio film" spiega Deepa Mehta, oggi a Roma. Ad accompagnare la regista questa mattina c'era anche la Bonino: "Personalmente da circa 30 anni sono impegnata nella difesa dei diritti civili - ha detto il ministro -. E' una questione così importante che penso non siano solo i governi e le istituzioni a doversene occupare, ma anche la cultura, la letteratura e il cinema. Io ho aderito alla promozione di Water per due motivi: perché nel 2007 l'India sarà un paese focale per quel che attiene al mio ministero e perché affronta un tema importante come il rapporto tra religione e società". Quella a cui sono sottoposte le donne nel film è "una pratica umiliante che risponde a precetti religiosi misogeni" sottolinea a Bonino, gli stessi che si ritrovano anche in molti altri fondamentalismi. Il film mette in evidenza anche un problema molto grave, contro il quale si sta battendo Amnesty International con la campagna "Mai più violenza sulle donne": quello delle spose bambine ("nel mondo oggi ce ne sono più di 80 milioni" fa sapere il portavoce dell'organizzazione, Riccardo Noury) e della violenza sessuale che subiscono a causa di un matrimonio che è stato loro imposto. "La cosa più grave è che raramente i responsabili di queste umiliazioni vengono puniti - spiega Noury -. La giustizia non ascolta le donne e le loro famiglie le emarginano". Il tema e la forte denuncia contenuta nel film hanno provocato non pochi problemi alla produzione. Nel 2000 i fontamentalisti indù hanno dato alle fiamme il set e minacciato di morte la regista, tanto che il governo indiano ha chiesto alla produzione di interrompere le riprese e il progetto è potuto ripartire soltanto quattro anni dopo. A Deepa Mehta ancora oggi viene contestato di "corrompere le menti ingenue e giovani" e il suo cinema è stato definito dal leader del movimento Shiv Sena, Bal Tackeray, un "Aids sociale". "Water parla delle donne, ma l'intento e la speranza con cui l'ho girato - spiega - è stato anche quello di trasmettere un messaggio più generale: in nome delle religione si possono commettere cose veramente disumane. La discriminazione non è una piaga che riguarda solo le donne, ma tutti coloro che vengono considerai inferiori e sui quali chi detiene il potere vuole esercitare la propria forza. Senza dimenticare che, come avviene oggi in Iraq, dietro qualsiasi forma di oppressione e segregazione vi sono anche ragioni di tipo economico".