"Situation" o "War"? La differenza è tutta qui: è una situazione o una guerra, quella in corso in Iraq?. Per la CIA, per bocca dell'operativo Roger Ferris, è una situazione, a senso unico: attentati suicidi, stragi di civili, stillicidio di poliziotti, sequestri; per chi sta dall'altra parte, la sorella della ragazza giordana di cui Ferris si è innamorato, viceversa è guerra: in Iraq e in Medio Oriente, tra America, "jews and crusaders", e Islam.
Dicotomia di vedute, prospettive agli antipodi, che un cinema di parte cerca di consegnare al pubblico senza troppa partigianeria: è il cinema Usa contemporaneo, che avrà perso la radicalità politica degli anni '70, ma di certo si è fatto più tempestivo. Se il Vietnam rimase nel fuoricampo di Hollywood per lunghi anni, viceversa l'ombra delle torri dell'11 settembre e i conflitti correlati, dall'Afghanistan all'Iraq, si sono presto stampigliati sullo schermo, da World Trade Center e United 93, passando per Syriana e Jarhead, fino a Redacted e The Hurt Locker.
Davvero la "situazione" del Middle East oggi è embedded nel cinema stelle & strisce, che cerca di costruire un controcampo emozionale, star al seguito, alla prosaicità e laconicità delle breaking news televisive e della bassa definizione del web.
Alla nutrita - e qualitativamente eterogenea - compagine si unisce ora Sir Ridley Scott con Nessuna verità (Body of Lies), sceneggiato da William Monahan a partire dal romanzo del columnist del Washington Post David Ignatius (2007), in uscita con Warner Bros. venerdì 21 novembre. Protagonisti Leonardo Di Caprio, con la barbetta e le ferite dell'agente segreto Roger Ferris, operativo tra Giordania, Emirati, Siria e Iraq alla ricerca della mente di micidiali attentati in Europa, e il suo superiore, per lo più voce all'altro capo di una linea telefonica protetta: il veterano Ed Hoffman, ovvero Russell Crowe, invecchiato e imbolsito ad hoc per decidere dagli States, tra la pipì di un figlio e la partita di un altro, vita e morte degli informatori in loco, e dello stesso Ferris.
Sono loro a incarnare le sfaccettature della prospettiva Usa sul conflitto: sul campo, quella di Ferris, che si fa scrupoli morali, perde le dita, la faccia e quasi la testa, si innamora e si becca nel corpo i frammenti di ossa del suo attendente locale; l'asetticità di Langley, con la routine pragmatica di Hoffman, che ha poco del drôle de guerre, tranne l'ottusità. Umano, troppo umano l'uno, su cui pioverà una probabile candidatura all'Oscar, bolso e disilluso l'altro, con un minimo comune denominatore: la dissimulazione, tra doppi giochi, tranelli, mezze verità e piene menzogne, con un terzo vertice: il capo dei servizi giordani, interpretato da un fascinoso Mark Strong. E' lui a tracciare la terza via, giordano che collabora con il nemico-amico americano, a una condizione, ovviamente impossibile: la verità. Body of Lies ci consegna un ingombrante body of evidence: il corpo del reato americano.