“Sento forte il caos della modernità”. Parola del francese Xavier Giannoli, in concorso con Superstar, “la storia di un uomo che non vuole essere celebre, che porta avnti valori quali onestà e dignità, per riflettere l'odierna degenerazione della celebrità, priva di consistenza”.
Protagonista è Martin Kazinski (Kad Merad, Giù al Nord), un signor nessuno che un bel giorno comincia a essere fotografato in metropolitana: 43 anni, scapolo, un lavoro nel riciclaggio informatico, si trova suo malgrado e senza un motivo plausibile schiacciato dalla gente, terrorizzato dai social network e infine preda dei mass-media, su tutti la tv con una trasmissione di “casi umani”della triade Fleur Arnaud (Cecile De France, splendida), giornalista,  Jean-Baptiste (Luois-Do De Lencquesaing), produttore, Alban (Ben), conduttore.
Ispirandosi al romanzo di Serge Joncour L'idole, Giannoli cuce per Merad un ruolo simile a quello di Benigni in To Rome with Love di Woody Allen: “Ho una folle ammirazione per Allen - dice il regista - ma il romanzo è del 2005”. E per “trovare realismo ho scelto la strada dell'assurdo, alla Kafka, senza dare una spiegazione del perché Martin diventi una celebrità”.
Ma come ha fatto il celebre attore Kad Merad a interpretare una celebrità per caso? “Ho cercato in me la parte poco conosciuta. Ho famiglia, amici d'infanzia e per la parte ho pensato a mio fratello, che fa l'assicuratore e usa i mezzi pubblici. Comunque, non sono scollegato dalla realtà”. Viceversa, Giannoli cita Ford e lo ribalta parlando del suo cinema come “una donna che piange su un cavallo al galoppo”, e qui si concentra “sull'aspetto dell'angoscia, il non controllo della paura di Martin, il mondo in crisi”. La De France, a sua volta, parla della sua Fleur quale “provinciale idealista che arriva a Parigi e si ritrova ingranaggio del sistema mediatico”.
Ed è proprio sui mass-media che Giannoli pone l'attenzione: “La stampa sempre più è condizionata dalle leggi di mercato, e qualcosa vien imposto dall'alto. Pensiamo al caso-evento  Strauss-Kahn: la macchina dell'informazione può esplodere, perdere la testa e farla perdere. Del resto, lo spiegava già Balzac in Illusioni perdute: il mestiere si è mercantilizzato. E oggi un giornalista si trova a provare disagio e disturbo professionale”.