"Il demonio è ovunque, in chiunque, anche in me", dice il regista. Che il 22 agosto porta in sala "il ritorno al genere: un horror gotico, ovvero sacrale"
“Una storia che meritava di essere raccontata, mi appartiene profondamente: chierichetto professionale nella chiesa di San Giuseppe in Emilia, conobbi un cattolicesimo molto superstizioso, ed ecco questa favola contadina, con l’atavica paura del buio”. Parola di Puoi Avati, che dopo una parentesi televisiva torna al cinema con Il Signor Diavolo, prodotto dalla Duea Film con Rai Cinema – con la collaborazione di Ruggente Film – e dal 22 agosto nelle nostre sale (a oggi circa 200 schermi) con 01 Distribution.
A cinquantun anni dall’esordio Balsamus, Avati torna all’horror, ovvero al genere: “I nostri autori ombelicali rifiutano il genere, ma il nostro cinema è stato fortissimo finché non l’ha disatteso, e penso alla sfrontatezza di Sergio Leone che da Trastevere si è inventato il western. Questo copione è stato rifiutato da sei distribuzioni, che non considerano più il genere: solo commedie, per di più con la panchina corta, una squadra ristretta. Frequentare generi non è disdicevole, questo film è una forma di provocazione”.
Nel cast vecchie conoscenze del cinema di Avati, quali Lino Capolicchio, Massimo Bonetti, Alessandro Haber, Gianni Cavina e Andrea Roncato, Il Signor Diavolo è ambientato nell’autunno del 1952 nel Nord Est, dove è in corso l’istruttoria di un processo sull’omicidio di un adolescente, a furor di popolo, indemoniato: per non compromettere le prossime elezioni, un ispettore del ministero a guida democristiana, Furio Momentè (Gabriele Lo Giudice), parte per Venezia leggendo i verbali degli interrogatori del quattordicenne Carlo Mongiorgi (Filippo Franchini), reo confesso dell’assassinio del mostruoso Emilio (Lorenzo Salvatori) figlio della potente e fatale Vestry Musi (Chiara Caselli)…