"Molti documentari italiani descrivono la realtà in modo banale per renderla più accessibile al pubblico". Luciano Barisone, direttore dell'Infinity festival, apre con una provocazione la tavola rotonda dedicata alle forme del documentario, organizzata in collaborazione con la rivista Duellanti. "Il linguaggio televisivo ha preso il sopravvento, c'è bisogno di esplicare ogni cosa ma si dimentica di esplorare il vuoto". Al dibattito hanno partecipato i registi Vincenzo Marra e Serge Lalou, Bruno Vigoni e altri critici. In molti hanno ribadito che, nonostante l'attenzione sempre maggiore da parte dei media, il rapporto con il pubblico rimane difficile. "Non basta l'Oscar a Michael Moore per risollevarne le sorti - ha detto Marie-Pierre Duhamel Müller, direttrice del cinema du Reel di Parigi - perché manca una distribuzione, un vero interesse da parte dei giornali che non sia limitato all'argomento trattato, come nel caso di Super Size Me". Un esempio controcorrente arriva dall'associazione italiana Documè, che ha selezionato nei festival quasi cento documentari e li ha proiettati in alcune sale registrando il tutto esaurito. "Il pubblico era entusiasta di quello che aveva visto - ha detto uno dei soci - bisogna solo trovare il modo giusto di proporglielo".