“E’ una grandissima poetessa. L’ho scoperta quando avevo diciotto anni in un documentario  dove ho sentito  una sua poesia che mi ha folgorato”, così Terence Davies parla della protagonista del suo nuovo film: Emily Dickinson. A distanza di anni è tornato su questo celebre personaggio  per raccontarcelo nel  lungometraggio dal titolo A Quiet Passion, che uscirà nelle sale giovedì  distribuito da Satine Film. A vestire i panni della donna travagliata e complessa che ha trovato nella poesia rifugio e conforto sarà Cynthia Nixon, nota al pubblico soprattutto per il ruolo di Miranda Hobbes nella serie Sex and the city.

“L’ho scelta perché ho visto la serie solo una volta senza audio e ho notato che le sue reazioni erano sempre vere. Non si vedeva che recitava”, dice il regista inglese che ha deciso di portare sul grande schermo la determinata e fragile esistenza della Dickinson: “Come talento non è stata riconosciuta in vita. E questo era un aspetto che mi attraeva di lei. Ha scritto ben 1800 poesie e ne hanno pubblicate solo sette.  Era avanti rispetto alla sua epoca. Alcuni artisti hanno la fortuna di raggiungere il successo nel loro tempo, altri no. Mi scoccia però che anche la sua forma di pane abbia vinto solo il secondo premio, almeno in quello poteva essere più fortunata!”.

Terence Davis ci racconta così la biografia della famosa poetessa: nata nel 1803 nel Massachusetts e poi  allontanatasi dal College di Mount Holyhoke per non doversi professare cristiana,  infine autoreclusasi nella casa paterna a Amherst poiché non riusciva a sopportare l’idea di essere lontana dalla sua casa e dalla sua famiglia. “In questo film c’è sicuramente il tema dell’onestà, dell’integrità e l’idea dell’anima. Ci si domanda se ci sarà una vita dopo e cosa ne sarà di noi. Una tensione che persiste a prescindere dall’epoca e spero di averla catturata”, spiega il regista. Poi sottolinea: “Non credo in un’altra vita, ma sono interessato alla questione dell’anima.  Mi sono allontanato dal cattolicesimo, ma ogni giorno faccio un esame di coscienza. Quando morirò voglio essere cremato e voglio che le mie ceneri siano mandate nello spazio, poi magari, essendo inglese,  finiranno nel Regno Unito”.

Nato a Liverpool in una famiglia di operai composta da dieci fratelli e cresciuto in un contesto cattolico, Davis ha poi confessato: “Un giorno ho scoperto di essere gay, cosa che all’epoca nel Regno Unito era considerato un reato per cui pregavo tutto il giorno il Signore che mi rendesse uguale agli altri tanto che mi sanguinavano le ginocchia. Ma da tutto questo pregare non ho ricevuto alcun conforto.  Non sono uno che partecipa alla vita, ma sono un osservatore e questo mi ha portato a riflettere molto”.

Tutte le sceneggiature dei suoi film sono parzialmente autobiografiche: “Anche questo film  lo è - dice il regista -  Come Emily voleva restare in quella famiglia per sempre , anche io ho passato anni pensando che la mia famiglia era meravigliosa e non volevo assolutamente andarmene. Da parte sua non c’era rassegnazione, ma accettazione della vita ed è questo che la rende un personaggio così commovente e struggente. Aveva questa terribile malattia ai reni e all’epoca non c’erano farmaci. Si può solo immaginare il dolore che provava ”. Sull’impegno civile di Cynthia Nixon che l’ha portata a candidarsi come governatore di New York nel 2018 commenta: “Non conoscevo i suoi interessi politici . Lei è una veemente democratica, una vera appassionata e con senso dell’humour e queste cose servono”.

Infine conclude: “ I grandi artisti non sanno effettivamente quanto sono bravi. Se lei avesse scritto opere vittoriane sarebbe stata sicuramente pubblicata. Lei era convenzionale perché pensava che le cose andavano fatte in un certo modo come Ibsen e Cechov. I veri radicali sono anche profondamente convenzionali. Non so se la Dickinson sia stata una femminista, senz’altro è stata un faro di umanità per tanti uomini e donne. E questo è ancora più importante perché senza l’umanità diventiamo barbari”.