"Il potere dell'immagine è oggi immenso, per questo i media dovrebbero imparare dai martiri: non rassegnarsi e ritrovare il coraggio della testimonianza". E' il monito del cardinale Achille Silvestrini, ex ministro degli esteri della Santa Sede, ospite al Cinema Trevi di Roma di una tavola rotonda sul martirio cristiano e laico dal titolo "Nel nome di Dio e dello Stato", organizzata dalla Rivista del Cinematografo in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia. Presenti all'incontro anche il presidente dell'Ente dello Spettacolo Dario Edoardo Viganò, mons. Domenico Mogavero, che si occupa del processo di beatificazione di don Puglisi, Elda Ferri, produttrice di  Alla luce del sole di Roberto Faenza, i fratelli Andrea e Antonio Frazzi, registi Certi bambini, e Pietro Calderoni, sceneggiatore Brancaccio, e il direttore della Cineteca Nazionale Gabriele Testi. Sul tema del sacrificio "il cinema potrebbe fare sicuramente molto di più - dice ancora il cardinale -. A parte rari casi, il suo contributo è stato finora abbastanza ridotto. Il problema è anche il suo rapporto con i grandi valori. La presa enorme che il cinema e ancora di più la televisione hanno oggi sull'opinione pubblica comporta un'assunzione di responsabilità. Trascurare determinati argomenti significa in quest'ottica mancare alla propria funzione". Silvestrini è sempre stato un cardinale in prima linea. Fin negli anni '50, quando per la Santa Sede va a cercare la pace nel sud-est asiatico. Vietnam, Cina, Indonesia. Nel 1971 viene mandato in missione a Mosca per depositare l'adesione al trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari. Poi guida la delegazione vaticana alla conferenza delle Nazioni Unite sull'attuazione del trattato. E continua a viaggiare. Alla fine degli anni '70 viene nominato "ministro degli esteri" della Santa Sede. Nell'81 è a Malta, nell'82 a Buenos Aires per la crisi delle Falklands. Poi ancora Nicaragua, Salvador, Libano, Siria. Un cammino disseminato di martiri: eroi di tutti i giorni, laici e religiosi, che si sono sacrificati per la fede, la giustizia, la libertà. Quanto a don Puglisi, "nel suo caso - spiega il cardinale - ricorrono entrambi gli elementi che configurano il martirio: una testimonianza forte e una violenza brutale per soffocarla. Per questo va considerato una figura esemplare. E' stato ucciso in odio alla sua testimonianza di giustizia. Esattamente come i primi cristiani, che si rifiutavano di rinnegare la propria fede con i romani. Il suo sacrificio è stato un insegnamento per tutti". Ma i sacrifici che andrebbero raccontati " sono tantissimi - ammonisce Silvestrini - e avvengono in ogni angolo del pianeta. Dai sacerdoti in prima linea per la pacificazione delle tribù africane a quelli che si sono offerti ai tedeschi durante la Resistenza. Una casistica molto vasta riguarda poi le chiese non cattoliche. Dalla rivoluzione bolscevica in poi, in Ungheria e Cecoslovacchia i vescovi venivano deportati e perseguitati, ma la possibilità del culto sopravviveva. In Ucraina e Romania, invece, non poteva essere esercitato neanche privatamente. Un vero e proprio dramma, che ha però prodotto figure straordinarie, come quella del cardinal Joseph Sliply, liberato da Kruscev in omaggio a Giovanni XXIII, dopo oltre quindici anni in un campo di concentramento".