“I miei non mi hanno mai detto ‘te l'avevo detto': quando ho sbagliato, quando non ho fatto il medico come mio padre, quando ho detto faccio l'attore e lui ha pianto per due anni. L'occasione per dirlo la ebbe dopo un po' di tempo che la mia carriera non ingranava e io volevo smettere. Venne in camera mia per dire: ‘Vuoi scappare adesso dopo tutti i sacrifici che hai fatto?'. Come Eduardo, andando via, disse: 'Noi Insinna non scappiamo mai'. Era il '96 e da lì è andata come è andata”.
È questo uno di tanti aneddoti raccontati dall'attore e mattatore televisivo Flavio Insinna, ospite ieri pomeriggio della V edizione del Fiuggi Family Festival (25-29 luglio), per presentare il suo libro “Neanche un morso all'orecchio”, edito da Mondadori. Un'opera autobiografica, in cui narra il faticoso percorso intrapreso due anni fa, dopo la morte del padre e che lo ha portato lontano dalla scena per diverso tempo. “Sono tornato, ma non ero pronto a tornare. L'ho fatto esclusivamente per ridare a mia madre e a mia sorella, anche se in modo illusorio, una sensazione di normalità”. Al ruolo di genitore sembra ricondurlo la sua ultima interpretazione in un piccolo cameo a fianco di Cecilia Dazzi e del protagonista di Scialla!, Filippo Scicchitano, nel film, ancora in fase di lavorazione, Bianca come il latte rossa, come il sangue, di Giacomo Campiotti. E ancora una volta potremmo vederlo nelle vesti di un padre nel prossimo lungometraggio di Fausto Brizzi (per cui aveva già lavorato in Ex con Claudia Gerini nel 2008) – “solo se riesco ad incastrare le date”, precisa Insinna. Perché di impegni e progetti in cantiere sembra averne molti. Primo fra tutti un programma per Radio Due il fine settimana e nuove trattative in corso con Rai Uno, “ma senza, almeno da parte mia, la fretta di esserci” aggiunge l'attore, che si è concesso alla platea della kermesse, dedicata ieri alla figura del padre, regalando momenti di commozione e divertimento. Allo stesso argomento sono legati anche i primi due film in concorso: Ella y el candidato (2011), del messicano Roberto Girault e Les Papas du dimanche (2012), del francese Luis Becker.