Giovanni Paolo II e il cinema: un rapporto che affonda le radici all'alba del suo pontificato. Lo dimostrano i tanti discorsi pronunciati sulla Settima Arte dal Pontefice e raccolti in un volume edito dall'Ente dello Spettacolo dal titolo Giovanni Paolo II e il cinema. Il primo intervento del Papa sul tema risale al 31 ottobre 1978, quindici giorni dopo la sua elezione al soglio papale. Fin da allora Karol Wojtyla dimostra piglio risoluto e idee chiare. Tra chiesa e cinema, esorta in occasione del 50° anniversario dell'OCIC, l'Organizzazione Cattolica Internazionale del Cinema, deve stabilirsi un vero dialogo che contribuisca a "suscitare una mentalità nuova" e abbia il coraggio di determinare le priorità "senza ambiguità". Attori e registi, si interroga polemicamente, cercano la promozione degli autentici valori umani? E che posto riconoscono a quelli religiosi e specificatamente cristiani? Non manca poi una stoccata per gli organi di distribuzione: a questi ultimi rimprovera di trascurare "la dignità e le convinzioni dei destinatari" e diffondere "una quantità di realizzazioni cinematografiche discutibili, senza preoccuparsi delle diversità culturali, etniche e storiche degli spettatori". Il Papa torna poi a parlare di cinema il 24 maggio 1984, in occasione del IV Congresso nazionale dell'Associazione Cattolica degli Esercenti Cinematografici (ACEC). "I fini primari della comunicazione sociale e dei suoi strumenti - ricorda per i 55 anni dell'ACEC - sono la comunione e il progresso della società umana". Alle sale della comunità vanno i suoi complimenti per essersi affermate come determinanti "luoghi di incontro e di dialogo, spazi di cultura e di impegno, per un'azione sapiente di recupero culturale, di preevangelizzazione e di piena evangelizzazione". Nell'incontro tra fede e cultura - denuncia lo stesso anno nel Messaggio per la 18ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - i mezzi di comunicazione di massa "si sono rivelati non sempre adeguati". Come già in passato, bacchettate ed esortazioni continuano a segnare i successivi interventi di Giovanni Paolo II. Nel 1986 annovera il cinema tra gli strumenti determinanti alla formazione cristiana dell'opinione pubblica, cinque anni dopo lo definisce "dono di Dio", ma nel frattempo lamenta anche la visione distorta e inadeguata che della famiglia offrono film, programmi televisivi e carta stampata. Il 15 settembre 1987 il Pontefice tiene addirittura un discorso al Registry Hotel di Hollywood. All'incontro, che avviene al termine di un lungo viaggio negli Usa, partecipano 1200 operatori dell'industria cinematografica. In platea, tra gli altri, anche gli attori Charlton Heston e Shirley McLaine, i registi Peter Bogdanovich e Roger Corman e il produttore italiano Dino De Laurentiis. "Il vostro lavoro può costituire una forza per fare un gran bene o per fare un gran male - mette in quell'occasione in guardia il Santo Padre -. I media di cultura popolare che voi rappresentate possono costituire o distruggere, elevare o degradare. è la differenza tra la morte e la vita, è una questione di scelta".   La condanna del Papa è esplicita: pornografia, materialismo, violenza e consumismo sono "degradanti" per l'uomo. Per questo, conclude, "vi chiedo di scegliere il bene comune" e di "onorare la dignità di ogni essere umano". A spingere il Papa a un nuovo intervento è nel 1995 "l'urgenza di trovare i linguaggi migliori" per garantire "il maggiore impatto possibile" al messaggio evangelico. Il cinema compie cent'anni e in occasione della 29ª Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali Woytila ne esalta l'importante funzione di "veicolo di scambi culturali", al di là delle tematiche strettamente religiose. "è un invito all'apertura e alla riflessione nei confronti di realtà estranee alla nostra - dice -. E in questo senso permette di abbattere le distanze e acquista quella dignità, propria della cultura, che crea tra le persone dentro ciascuna comunità quell'insieme di legami, che determinano il carattere interumano e sociale dell'esistenza umana". A quanti lavorano nel cinema indirizza poi il monito a "non rinunciare a questa importante componente culturale" e, soprattutto, a "non mirare soltanto all'intrattenimento" con l'unico appannaggio del successo economico e commerciale. "Il vero progresso di questa moderna forma di comunicazione si misura dalla capacità che essa ha di trasmettere contenuti e proporre modelli di vita" dice l'1 dicembre del '97 in occasione del primo Convegno internazionale di studi  promosso dal Festival del Cinema Spirituale Tertio Millennio sul tema "Cinema, veicolo di spiritualità e cultura". L'anno dopo, il 19 novembre, riceve in udienza i partecipanti alla seconda edizione del Convegno (questa volta il tema è "Arte, vita e rappresentazione cinematografica. Senso estetico, esigenze spirituali ed istanze culturali"): "La Chiesa - afferma - considera il cinema come una peculiare espressione artistica del Duemila e lo incoraggia nella sua funzione pedagogica, culturale e pastorale". Il cinema "può diventare forte ed efficace linguaggio per stigmatizzare le violenze e le sopraffazioni. Esso così insegna e denuncia, conserva la memoria del passato, si fa coscienza viva del presente ed incoraggia la ricerca per un futuro migliore". Il Santo Padre esorta il cinema a potenziare il suo essere luogo d'incontro, di dialogo, di riflessione e di comunione e lo invita a prendere in considerazione non solo gli aspetti stupefacenti della vita dell'uomo, ma anche, e soprattutto, l'unicità e indivisibilità dell'essere umano. Lo fa il 2 dicembre del '99 in occasione del Convegno "Il cinema: immagini per un dialogo tra i popoli e una cultura della pace nel terzo Millennio" organizzato dall'Ente dello Spettacolo e dai Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali: Il cinema "offre un tesoro incomparabile di mezzi espressivi per rappresentare i diversi campi in cui l'essere umano si situa e per interpretare la sua imprescindibile vocazione al bello, all'universale e all'assoluto. Il cinema può così contribuire ad avvicinare persone distanti, a riconciliare persone nemiche, a favorire un dialogo più rispettoso e fecondo tra culture diverse, indicando la via di una solidarietà credibile e durevole, presupposto indispensabile per un mondo di pace".