Dimenticare, ovvero farci dimenticare. Il Batman migliore, quello di Christopher Nolan, la trilogia del cavaliere oscuro col volto di Christian Bale: Batman Begins (2005), The Dark Night (2008) e The Dark Knight Rises (2012). E il Batman peggiore, quello di Ben Affleck per la regia di Zack Snyder in Batman v Superman: Dawn of Justice (2016) e corollari – nonché lo spettro acclarato di ritrovarcelo qui.

C’è del marcio in The Batman, ma non è Gotham, siamo noi, sono questi tempi pandemici e, ora, pure bellici.

Joker, 2019, Todd Phillips & Joaquin Phoenix, pluripremiato (Leone d’Oro di Venezia, poi due Golden Globes e due Oscar) e munifico (un miliardo e 74 milioni di dollari) al box office ha insegnato, ed ecco la copia difforme The Batman, articolo determinativo, Matt Reeves (Cloverfield) & Robert Pattinson, il vampiro di Twilight cresciuto d’autore a pane e Cosmopolis, Good Time, High Life e The Lighthouse.

Ma se bastò l’antipolitica a fare di Joker Zeitgeist, oggi quel tempo, quelle piazze tumultuose, quelle sommosse urbane verrebbero largamente e grandemente rimpiante: oggi stiamo peggio, e il riverbero riduce Gotham a incubo minore, distopia piccina, sinistro vezzeggiativo. Oggi stiamo peggio, e possiamo forse dopo Spider-Man: No Way Home - un miliardo e 851 milioni di dollari, sesto risultato di sempre – accontentarci, se non addirittura bearci, di un altro campione in calzamaglia, un po’ Kurt Cobain e un tot Howard Hughes per giunta, che poco, pochissimo c’azzecca con l’hic et nunc?

No che non possiamo, no che nella Catwoman Zoë Kravitz, l’Enigmista Paul Dano, il detective Jim Gordon di Jeffrey Wright, John Turturro, Peter Sarsgaard, Jayme Lawson, Andy Serkis per Alfred e il Pinguino Colin Farrell non troviamo di che soddisfare la voglia di altrove. E se non possiamo stare meglio, che si possa almeno stare peggio rispetto alla vita (alla sopravvivenza) in questo scorcio di 2022, e non consegnarsi alla perniciosa, disfattista, vacua congruenza di realtà e finzione.

Malgrado regista e interpreti rivendichino l’eredità, “gli anni Settanta di Sidney Lumet, de Il braccio violento della legge e di Tutti gli uomini del presidente” non abitano qui, Zodiac di David Fincher nemmeno, per questo Batman si va nella città dolente, ma non siamo oramai abituati meglio, ovvero al peggio?

Tocca lavorare sulla complementarità, la maschera di Batman perfettamente collimabile alle nostre pandemiche, tocca lavorare sul riflesso, un pipistrello in gabbia che fa tanto Wuhan, tocca lavorare sulla prossimità, l’attacco terroristico alla diga e la conseguente inondazione biblica in sedicesimi, per trovare almeno la ridondanza tra quell’Uomo Pipistrello e questi uomini, noi.

Ma se Putin fa impallidire l’Enigmista, se il Pinguino fa quasi tenerezza, se Bruce Wayne “è una rock star che anziché uscire ed esibirsi la notte diventa Batman” come tanti cantanti ancora in attesa – pandemia – di palco, possiamo spaventarci, dunque interrogarci, di che?

Un Batman asincrono, più fuori tempo massimo che confliggente, uno scarto di senso, e spettacolo, che denuncia sul grande schermo il deragliamento delle nostre esistenze. Vuole Jim Gordon, “un eroe. Non l'eroe che meritavamo, ma quello di cui avevamo bisogno. Un paladino, un cavaliere senza macchia...”, il problema è che non è quello di Wright ma di Gary Oldman, che non è The Batman ma The Dark Knight, e sono passati quattordici anni.

Nel frattempo, gli eroi sono sfortunati come Paesi, Heath Ledger s’è suicidato, e anche noi non stiamo tanto bene. Il cavaliere oscurato, questo è diventato Batman, e le tenebre sono le nostre.