C‘è un che di kafkiano in La voie de l'ennemi - Two Men in Town, la seconda pellicola presentata oggi in concorso alla Berlinale, del regista franco algerino Rachid Bouchareb. Un piccolo villaggio in New Mexico circondato da un deserto senza confini che, a ogni alba e tramonto, decine, centinaia?, di immigrati messicani clandestini tentano di attraversare. Chi non ce la fa è perché viene ucciso dai trafficanti, o dalla sete.
Un uomo (Forest Whitaker) lascia la prigione dopo diciotto anni. Grazie alla sua fede mussulmana, abbracciata in carcere, e con l'aiuto di un agente addetto al controllo della libertà condizionale (Brenda Blethyn), Garnett ricomincia una vita. Lo sceriffo però cerca vendetta. Garnett ha scontato la pena per avere ucciso il suo vice. Il film è un'adattamento del thriller francese La Voie de l'Ennemi (1973), con Alain Delon e Jean Gabin, dove il romanziere e regista José Giovanni, lui stesso con una sentenza scontata in carcere alle spalle, esplorava le ingiustizie del sistema giudiziario francese. Qui in mezzo alla sabbia gialla del cuore d'America ci sono Whitaker e i suoi demoni. L'interessante decisione di trasporre quella storia al confine tra Stati Uniti e Messico va in un'altra direzione: nella vastità del New Mexico Bouchareb mette a nudo l'arcaico, l'eterno della condizione umana. Whitaker e Keitel incarnano, ognuno nella sua declinazione, gli estremi del potere, dell'abuso, della riconciliazione. Whitaker, Keitel e l'inglese Blethyn con il suo accento perfetto da Stati del Sud, sono, inutile dirlo, attori perfetti. Se solo Bouchareb avesse speso meno tempo a schizzare con troppa accuratezza i personaggi, il film ne avrebbe guadagnato in spessore. Lasciare più libertà agli attori, e aggiungere il caso alla sceneggiatura, avrebbe reso il film un dramma riuscito.