Fine dei giochi, o quasi. Come già accaduto per Harry Potter e Twilight, anche gli Hunger Games si concludono sdoppiandosi: Il canto della rivolta – Parte I, terzo capitolo della saga, uscirà il prossimo 20 novembre, mentre la Parte II sarà nelle sale solo nell'autunno 2015, pur essendo stato girata contemporaneamente alla prima.
Finale dilazionato per ragioni di business più che per esigenze di racconto. Stiamo parlando di un franchise capace di incassare con i primi due film un miliardo e mezzo di dollari worldwide. E poi ai fan – milioni di – va bene così: è maledettamente difficile separarsi dai propri feticci.
Una saga che ha saputo far crescere il pubblico del fantasy, sdoganando tra gli adolescenti tematiche adulte come la politica, la violenza, lo spettacolo. Che è nata dark e si è incupita ulteriormente fino a intristirsi con la tragica uscita di scena del grande Philip Seymour Hoffman, scomparso una settimana prima della fine delle riprese: “Non è facile parlarne. Philip è stato un amico, un fantastico compagno di viaggio, uno splendido attore. E' stata uno shock per me e per tutti quelli coinvolti nel film. Ma, brutto sottolinearlo, la sua morte non ha compromesso il lavoro”, ci dice Francis Lawrence, che ha assunto il timone della saga dal secondo film e non lo ha più lasciato.
Aveva già completato i suoi ciak?
Sì, tranne uno. Abbiamo fatto ricorso agli effetti speciali per realizzare quella scena.
Qual è il tema fondamentale del Canto della rivolta?
E' la stessa che Suzanne Collins ha pensato per la saga letteraria fin dall'inizio: quali sono le conseguenze di uno stato di guerra permanente? Quest'idea si è sviluppata ed è diventata più articolata con il proseguo della storia, libro dopo libro. L'intuizione interessante è che guerra e violenza hanno bisogno di un'organizzazione, di una forma, di uno stile. La carta vincente si è rivelata invece quest' eroina indomita, che non si arrende mai e combatte per cambiare le cose. La gente ama la sua evoluzione e la sua integrità.
Ne La ragazza di fuoco si mescolavano continuamente le carte. Emergeva forte l'ambiguità dei personaggi: nessuno era quel che sembrava. E' una chiave di lettura che avete mantenuto?
Assolutamente. Pur essendo un testo di fantapolitica, Hunger Games è totalmente realistico. E nella vita nessuno è bianco o nero. Le persone sono piene di sfumature. Questa cosa vale paradossalmente anche per Katniss. Ve ne accorgerete nei due ultimi film. Molto spesso la vedremo fare delle cose che non ci saremmo mai aspettati da lei.
Fa il suo ingresso nella saga Julianne Moore. Qual è il suo ruolo?
Julianne interpreterà il Presidente Alma Coin, leader della rivolta contro il Campidoglio. E' un personaggio che la Collins ha introdotto nell'ultimo libro della serie e che noi vedremo sia nella prima che nella seconda parte del Canto della rivolta. Si tratta in apparenza della salvatrice di Katniss. Abbiamo visto come alla fine de La ragazza di fuoco, Katniss venga tratta in salvo dai 75esimi Hunger Games e portata al Distretto 13. Ebbene, dietro quest'azione di salvataggio c'è proprio la Coin. Ma le sue intenzioni sono tutt'altro che genuine. Non aggiungo altro.
A proposito di Katniss: la si può definire la prima eroina femminista del terzo millennio?
Non ho fatto ricerche, ma se parliamo di pop culture non ho alcun dubbio che la nostra Katniss abbia dato una bella sterzata al sessismo che pure esiste a Hollywood.
Un altro aspetto interessante di Hunger Games è la relazione che pone tra fascismo e televisione.
Esiste un rapporto tra qualunque media e qualsiasi punto di vista politico. Questo aspetto sarà particolarmente evidente nella prima parte del Canto della rivolta, in rapporto al diverso uso che Capitol City e il Distretto 13 fanno del mezzo televisivo, pur utilizzandolo entrambi in funzione propagandistica. Ogni agenda politica, credo, si pone il fondamentale quesito di come poter utilizzare la tv per cambiare le cose o, almeno, per evitare che cambino.
Altro tema centrale: lo spettacolo della violenza e la responsabilità di cinema e tv.
Ognuno ha una sua opinione riguardo alla violenza. La mia è che la violenza fa parte della vita e che le migliori storie sono quelle che t'insegnano qualcosa della vita. In questo film impariamo che la violenza danneggia tutti, non solo chi la commette. Ci sono tutta una serie di effetti laceranti causati dalla violenza: chi la subisce cambia per sempre, ma anche chi ne è testimone o chi la commette non sarà più lo stesso. L'idea intrigante di Hunger Games è che la violenza può essere sottile, non percepita, camuffandosi da intrattenimento. E' una violenza ancora più subdola e pericolosa.
Rispetto agli Harry Potter e ai Twilight, Hunger Games è senza dubbio più ambizioso e complesso. Crede che la sterzata verso problematiche più adulte potrà contribuire a far crescere il fantasy?
Penso che le migliori saghe si costruiscano a partire da idee forti e da temi reali. La Collins è partita dalle conseguenze della violenza e della guerra e ha pian piano costruito su una storia, dei personaggi. Ad Hollywood hanno intuito che era il momento di portare questo tipo di storie a un pubblico Young Adult. Gli adolescenti di oggi non vogliono più essere trattati come bambini o cerebrolesi, ma da adulti. Proporgli storie forti, tematiche importanti, li fa sentire più grandi, li eleva e insieme li rispetta.