Il biglietto da visita del cinema italiano alla 68. Berlinale è Figlia mia di Laura Bispuri, non solo in concorso nella selezione principale ma anche scelta da Variety per i suoi 10 Europeans to Watch 2018. Un noto giornalista tedesco ha visto nelle due dive italiane Alba Rohrwacher  e Valeria Golino le “eredi” rispettivamente di Sophia Loren e di Giulietta Masina, in una sfida potente. Le attrici si sono dette lusingate, Bispuri emozionata dal parallelo. E, soprattutto, dall’accoglienza ricevuta a Berlino.

Laura Bispuri torna alla Berlinale tre anni dopo Vergine giurata con una storia ancora tutta al femminile, in una edizione del festival caratterizzata dalla questione femminile, a partire dai movimenti #MeToo e Time's up. "Volevo un film con donne in primo piano - dice la regista - È una mia presa di posizione se vogliamo. È un momento particolare e non vorrei strumentalizzarlo, però mi ritengo sincera nel dire che il mio percorso finora, malgrado se ne parli oggi, è stato sempre legato a questa scelta per interesse personale e credo che sia un piccolo atto politico. Sono stufa di vedere film in cui donne sono in secondo piano, aspettano figli e mariti a casa, sono banalizzate. Volevo personaggi femminili a tutto tondo andando nelle pieghe e nelle imperfezioni di questi personaggi. Ho scelto questa strada e continuerò a farlo. Ma poi difendo il personaggio di Umberto, il marito di Tina, che è forse il più positivo del film. Mi piaceva raccontare un personaggio maschile che non non avesse a chi fare con il machismo, ma che fosse buono e giusto e riuscisse ad accudire moglie e bambina".

Maternità come tema universale e di bruciante attualità, nelle sue declinazioni contemporanee. "Con questo film vorrei porre delle domande importanti sulla maternità. Mi sono chiesta cosa voglia dire essere madre oggi; se sia possibile crescere con più figure materne di riferimento: se sia più importante il legame fisico con chi ti porta in grembo, ti fa nascere e ti assomiglia o il legame culturale con chi ti cresce". La rimessa in discussione del sistema genitoriale classico è un tema decisivo della nostra epoca. "In particolar modo mi interessava andare a toccare una delle fondamenta della nostra società: per anni, secoli, la donna è stata incastrata dentro la figura di madre perfetta. Andare a analizzare questa idea per ridare valore all’imperfezione è, a mio parere, una delle chiavi per interpretare i cambiamenti che ci stanno succedendo sotto gli occhi".

Perché la Sardegna? "Perché è un’isola dalla bellezza commovente, profonda e solida, e piena di sfaccettature. Un luogo la cui dimensione lirica, fiabesca e magica convive con quella ruvida e concreta, due aspetti che hanno a che fare con il linguaggio filmico che cerco. Una terra che è essa stessa davvero una madre-terra. Figlia mia è un viaggio in cui tre figure femminili si alternano, si cercano, si avvicinano e si allontanano, si amano e si odiano e alla fine si accettano nelle loro imperfezioni e per questo crescono”, spiega Laura Bispuri. "Tornare a Berlino – aggiunge – è una grande emozione, sento un legame profondo con questo festival di cui ho sempre apprezzato l’alto impegno politico e il gusto cinematografico”.