"L'amore è la cosa più forte e complessa che ci sia. E' quello che ci può salvare, malgrado tutto. E' questo che volevo dire". Così Fréderic Fonteyne a proposito di Tango Libre, la bella e bizzarra commedia con la quale il regista belga torna a Venezia. Fontayne è un habituè della Mostra: nel 1991 partecipa alla SIC con il corto La modestie; nel 1999 è in concorso con Una relazione privata (e l'attrice protagonista, Nathalie Baye, si porta a casa la Coppa Volpi); nel 2004 è La donna di Gilles ad approdare al Lido, nella sezione Orizzonti. Sezione che ospita anche quest'ultimo lavoro, epilogo della trilogia che Fonteyne ha dedicato all'amore (dopo Una relazione privata e La donna di Gilles appunto).
Tango Libre vanta, rispetto ai precedenti, un registro più leggero: è la storia di due amici, interpretati da Sergi Lopez e Jan Hammenecker, rinchiusi in carcere a scontare una lunga condanna per rapina armata. I due hanno una relazione sentimentale con la stessa donna (Anne Paulicevich, anche autrice con Fonteyne della sceneggiatura) la quale però a loro insaputa frequenta lo stesso corso di tango di uno dei secondini della prigione (François Damiens), che la ama di nascosto: "E' un film a più livelli, molto complesso, quasi impossibile da fare - dichiara Fonteyne -. D'altra parte se non fosse stato così non l'avrei fatto". La gestazione è stata lunga: sono passati cinque anni da quando Fonteyne e la Paulicevich ne hnno parlato per la prima volta. Più semplice trovare gli attori: "Sono professionisti con i quali avevo già lavorato e con cui c'era un rapporto - rivela Fonteyne -. Per realizzare un progetto come questo devi mettere su una specie di famiglia. Avevo bisogno di sentire le vibrazioni dei miei attori. In fondo questo è un film musicale". Non a caso preponderante è la presenza del tango nell'intreccio: "Il tango non è solo un ballo - riprende il regista - ma qualcosa di più profondo. Nel tango i ruoli son ben definiti e chi balla il tango sa che vive nel tango. E' una specie di baratro dove precipitano i corpi". Nell'accezione che questi hanno nel cinema di Fonteyne: "Per me l'anima esiste solo nel corpo".