Sognava di diventare un agente segreto fin da bambino e ora Colin Firth ha trasformato quel desiderio in realtà grazie a  Kingsman – Secret Service, in sala dal 25 febbraio per 20th Century Fox, la spy story ispirata alla graphic novel di Mark Miller con cui il regista Matthew Vaughn declina la formazione dell'eroe (come aveva già fatto in X-Men: L'inizio) in chiave action, nella migliore tradizione del suo Kick-Ass. “Da piccolo – spiega il protagonista – immaginavo missioni misteriose e superpoteri, come tutti quelli della mia generazione cresciuti con James Bond, ma non sarei stato un granché come spia”.   Nella storia il suo personaggio Harry Hart, componente dell'agenzia Kingsman che agisce nell'ombra per salvare il mondo, prende sotto l'ala protettrice il giovane Eggsy, a cui presta il volto Taron Egerton: “Il racconto – spiega il 25enne di origine gallese – è iperstilizzato, colorato, divertente ma nessuno nella realtà potrebbe fare davvero quelle acrobazie. Io stesso non sarei in grado: ho fatto una preparazione in palestra non solo prima delle riprese ma anche sul set, con movimenti che neppure da ragazzino riuscivo a fare, come arrampicarmi sulla corda. Il regista mi ha preso a patto che riuscissi ad raggiungere un fisico eccezionale”. I combattimenti, in effetti, sono coreografati minuziosamente quasi come una danza fino ad ottenere un effetto cartoon: “Molto doloroso – dice in italiano Firth – tanto che ho fatto 6 mesi di training per 3 ore al giorno con un team di 10 persone. Ma questo allenamento non mi servirebbe nella vita reale: se qualcuno volesse fare a botte con me al massimo mi metterei a ballare”. I Take That hanno realizzato per la pellicola il brano Get ready for it: “Avevamo già lavorato con il regista per Stardust e X-Men: l'inizio – ha raccontato Gary Barlow alla stampa – e ad aprile ci ha contattati per farci vedere una prima versione di Kingsman, ancora senza effetti speciali e con alcuni tratti quasi a matita, per farci capire il ritmo. Dopo tre giorni gli abbiamo portato la canzone e gli è subito piaciuta, così l'ha scelta per i titoli di coda”. Il cantante, a Roma con i colleghi Howard Donald e Mark Owen, festeggia l'uscita del nuovo album, III: la band si esibirà in concerto il 13 ottobre al MediolanumForum di Assago (MI), nell'unica data italiana del tour. Non solo un action-movie: Kingsman tocca temi nevralgici per una società supertecnologica come la nostra e ipotizza una sim card capace di interconnettere tutto il mondo, ma con il rischio di finire nelle mani sbagliate. “Tutte le innovazioni – precisa Colin Firth – hanno un potere immenso e persino estremo. Ho paura che ad esempio i social network dettino i termini delle nostre relazioni. Personalmente mi tengo alla larga da Twitter, eppure esistono possibilità incredibili, come quella di fare film ed editarli direttamente dall'iPhone. Se mi guardo intorno vedo gente che fotografa il cibo che mangia o immortala gli animali, quando basterebbe accendere National Geographic. Puoi essere nella città più bella del mondo come è successo qualche tempo fa a me a Venezia eppure passare il tempo con la testa nello schermo. E d'altro canto, invece, la tecnologia può sviluppare una valenza positiva se usata come strumento politico o per diffondere la democrazia”. “Io, invece, sono quasi dipendente da Twitter – aggiunge Egerton – perché permette alla gente di essere connessi, anche se poi si legge un sacco di spazzatura e l'intero sistema non è del tutto regolamentato”. A chi ipotizza un certo collegamento tra lo sterminio ipotizzato nella pellicola e l'attentato alla libertà di Charlie Hebdo, Colin Firth risponde così: “Non vedo alcuna connessione anche perché abbiamo finito di girare più di un anno fa e quindi nessuno, dal regista allo sceneggiatore e neppure io, poteva aver in mente qualcosa del genere. Non vorrei risultare evasivo ma questo genere di pellicole non sono legate alla realtà, raccontano uno scenario folle da fumetto. Anche se, ovviamente, quando vedi una pellicola poi finisci per trovare collegamenti alle esperienze personali”. “In Kingsman – gli fa eco Egerton – ci sono i buoni e i cattivi, la differenza è netta, senza sfumature, e si sfugge dalla complessità della realtà, con le implicazioni sociali e politiche. Il conflitto sembra quello di un western o di un classico film di supereroi”.