“Questa avventura è iniziata quasi nove anni fa, quando alcuni amici americani mi hanno inviato il romanzo di André Aciman per avere una consulenza. Volevano capire di che Italia si parlava, che poi era la Liguria. All’epoca mi trovavo proprio a Bordighera per le riprese di Io sono l’amore. Per molto tempo abbiamo cercato un regista e alla fine ho deciso di dirigerlo io, con un piccolo budget”. Così Luca Guadagnino presenta Chiamami col tuo nome, che ha ricevuto quattro nomination agli Oscar, tra cui miglior film.

“L’incipit di questa storia risale alla scorsa edizione del Sundance, dove ha ricevuto un’accoglienza inaspettata. Sapevo di aver realizzato un ottimo film, ma non immaginavo tutto quello che sarebbe venuto dopo. La reazione del pubblico è stata straordinaria e ancora oggi, a casa, ricevo lettere appassionate da spettatori che mi ringraziano per aver risvegliato qualcosa in loro, forse una profonda empatia verso gli altri”.

Chiamami col tuo nome è ambientato nel 1983, in un luogo sospeso tra Brescia e Bergamo. Elio ha diciassette anni, è italoamericano, e la sua vita cambia radicalmente all’arrivo di Oliver, un giovane studente che deve finire il dottorato. Tra i due nasce un rapporto speciale. I protagonisti sono Timothée Chalamet e Armie Hammer. “Chalamet è stata la mia epifania, quando l’ho incontrato a pranzo ho capito che lui era Elio”, aggiunge Guadagnino.

Il ragazzo ha recitato in Homeland e Interstellar. “Ho ventidue anni e alla mia età è difficile avere un ruolo così profondo e anche difficile. È stata una fortuna. L’agente di Tilda Swinton mi ha messo in contatto con Luca e adesso siamo qui. La mia speranza era di lanciarmi subito davanti alla macchina da presa, ma ho dovuto avere pazienza. La parte più complicata è stata lo studio della lingua e le lezioni di pianoforte. Elio, nel libro, è molto bravo, e mi sono dovuto esercitare per raggiungere il suo livello”.

Anche Armie Hammer è entusiasta: “Ho aspettato più di sei anni per ricevere la sceneggiatura, dopo il mio pranzo con Luca nel 2010. Abbiamo parlato per quattro ore, di arte e filosofia, e poi c’è stato il silenzio. Questo ruolo mi ha fatto crescere, ho capito di più sulla paura e il desiderio. Mi sono spinto oltre il limite, per sentirmi un vero artista. Questo film ha cambiato le mie percezioni, il modo che ho di affrontare l’esistenza”.

Conclude Guadagnino: “Il ricordo più bello di questo lungo anno risale alla notte dei Globes, quando Nolan mi ha detto: Il modo in cui hai messo in scena gli anni Ottanta è impressionante”. E sulle sue origini: “Il subconscio non mente mai, e anche qui ho messo un po’ della mia Palermo. La mia città mi ha insegnato la sensualità, la violenza, che non mi hanno mai abbandonato”. La notizia di un sequel è già nell’aria: “Se in futuro ci sarà l’occasione di riunire questi personaggi come, in passato, ha fatto Truffaut con Antoine Doinel, ci penserò”. Intanto si attende la notte del 4 marzo, quando a Los Angeles verranno consegnati gli Oscar 2018.