Chi l'avrebbe mai detto: il festival per eccellenza del cinema politico e d'autore, che dedica una retrospettiva (meglio: l'Evento Speciale) ad un maestro del cinema di genere. Lui è Dario Argento, il Festival quello di Pesaro: "un luogo mitico", ha ricordato l'autore di Profondo rosso, ospite di un convegno che - per dirla con le parole di Bruno Torri, fondatore (e presidente del comitato scientifico) della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema - "ci aiuta a comprendere la poetica coerente di questo valido regista, risarcendolo della disattenzione dimostrata a lungo dalla critica cinematografica".
Non che Argento ne sentisse il bisogno, le sue rivincite sulla categoria se l'è già prese: "Dopo esser stato insultato e perseguitato per anni, in Tenebre mi sono tolto lo sfizio di uccidere un critico a colpi di accetta". Insomma, meno male che per sfogarsi gli basta il cinema. Che gli ha pure salvato la vita: "Con la mia passione politica, se negli anni Settanta non fossi stato un personaggio pubblico mi sarei affiliato a qualche organizzazione clandestina, e oggi sarei morto o in galera". E invece è diventato il simbolo indiscusso del brivido all'italiana: "Ma l'unanimità dei consensi non mi interessa, a chi da anni mi stronca chiedo un favore personale: continuate a farlo!". Per accontentarlo basta aspettare l'uscita di Giallo, prevista per la prossima primavera (in tempo per Cannes): dal set, che dopo l'amata Torino sta per trasferirsi a Los Angeles, non è trapelato granché. E anche Argento non si sbottona: "È il mio primo film su commissione. Lo producono due società statunitensi, che mi hanno messo a disposizione un budget ingente, ed un cast di prim'ordine: Emmanuelle Seigner e Adrien Brody".
Più loquace (ma non di molto) il direttore della fotografia Frederic Fasano, che parla di "atmosfere da thriller americano, ed estetica alla Martin Scorsese". Staremo a vedere. Intanto a Pesaro si è vista l'opera omnia di Argento, da L'uccello dalle piume di cristallo all'ultimo La terza madre. Mancava soltanto Quattro mosche di velluto grigio, colpa di un contenzioso giudiziario con la Paramount: "Ma in fondo mi piace l'idea che ci sia un mio film maledetto ed invisibile".
"È una filmografia ricca di topoi e ossessioni ricorrenti", spiega Vito Zagarrio, curatore dell'Evento speciale e del volume che l'accompagna (Argento vivo, edito da Marsilio): "Ma l'universo coerente del suo cinema va visto anche con le viscere, non solo con la testa". Molte le chiavi di lettura proposte dal libro: psicanalitiche, politiche ("La terza madre è un ritratto della società contemporanea, un film sulle paure dell'Occidente"), estetiche ("Il suo senso etico dell'inquadratura è lo stesso di Antonioni"). Si scopre persino che "Kubrick, senza Suspiria, difficilmente avrebbe girato Shining". Magari è un'iperbole, ma la dice lunga sull'interesse crescente per quella che Gianni Canova definisce "un'eccezione culturale nel panorama italiano, refrattario all'horror. I film di Argento, invece, sono un kamasutra di torture del corpo: una vera poetica, o forse un'etica, del supplizio".