“Il cambiamento in Iran è possibile, ma abbiamo bisogno dell’attenzione del mondo”. È così che la pensa Masih Alinejad, giornalista e attivista con oltre 6 milioni di follower, diventata la voce di tantissime donne iraniane nelle lotte per i propri diritti civili.  L’attenzione da parte del mondo  gliel’ha data la regista iraniana Nahid Persson con il suo bel doc Be My Voice, al cinema dal 7 marzo distribuito da Tucker Film.

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Un documentario che racconta la storia di Masih Alinejad e la sua battaglia iniziata quando era piccola dalla cucina di casa sua (“vengo da una famiglia tradizionale e da un piccolo villaggio”). Una donna che guida uno dei più grandi atti di disobbedienza civile nell’Iran di oggi, usando la sua libertà in esilio (oggi vive sotto protezione negli Stati Uniti) per dare voce alla protesta nel suo paese d’origine e che è diventata esempio per milioni di altre donne iraniane che si ribellano contro l’hijab forzato (“uno dei pilastri della dittatura religiosa e dell’apartheid di genere”).

“Ero affascinata dalle sue pagine social e da lei perché è una donna che ha una grande energia e che lotta per i diritti delle donne- racconta la regista, che vive in Svezia e che aveva già diretto diversi documentari sulla crudeltà dei leader della Repubblica Islamica iraniana, film come Prostitution Behind The Veil (2004) e My Stolen Revolution (2013)- Mi ricordava me quando ero piccola. Così ho deciso di contattarla via mail, lei mi ha risposto dopo un bel po’ di tempo perché riceve tantissime mail. Poi nel 2019 andai a New York per conoscerla e iniziare a fare questo film”.

E  Masih dice: “Con lei ho capito che avremmo potuto fare qualcosa di grande. Abbiamo bisogno dell’attenzione dei politici perché il regime continua ad andare avanti grazie anche al supporto della politica occidentale. Per merito di questo film sono stata convocata dal Parlamento europeo in Svezia e ho potuto chiedere al ministro per quale motivo avesse indossato l’hijab quando era  venuto in visita in Iran, obbedendo in quel modo alla loro legge e annullando le lotte delle donne iraniane. Manca una fratellanza tra le donne in tutto l’Occidente. Anche in Afghanistan sta avvenendo la stessa cosa perché i governi occidentali continuano a riconoscere il regime islamico e i governi talebani. I diritti umani sono la priorità e questi tipi di governi non devono essere legittimati. L’Occidente però ha paura di interrompere le relazioni con l’Iran perché teme una seconda Corea del Nord. In realtà questo è già successo, ma dietro le quinte”.

Motivo per cui questo doc potrebbe essere, come sottolinea la regista, uno strumento “per mettere pressione sui governi europei che hanno rapporti con l’Iran, perché non c’è differenza tra i governi talebani e il regime islamico”.

In questa battaglia anche gli uomini hanno un ruolo importante. “La repubblica islamica ha messo gli uomini contro le donne e gliele ha fatte vedere come degli oggetti”, dice Masih. Che poi racconta: “Mio fratello aveva paura del buio e di andare al bagno di notte. Io gli dissi che lo avrei accompagnato solo se poi lui mi avesse portato in bicicletta e a giocare a calcio. E così è stato. Non è giusto che gli uomini possono cantare, nuotare nel fiume, andare allo stadio e in bicicletta. Tutte cose che non sono concesse alle donne. Gli uomini devono unirsi alle donne e lottare insieme a loro. Tanti lo hanno fatto”.

“Dal dolore ho imparato ad avere speranza. Tante persone ripongono in me le proprie speranze e mi mandano video anche dal carcere”, prosegue la regista, che ha condotto tantissime battaglie: da quella contro l’obbligo del velo (“i miei capelli sono stati ostaggio del regime per troppo tempo”) alla campagna “una telecamera la mia arma” fino a quella con le sciarpe bianche sventolate per strada. E che per questo ha subito tanti attacchi da parte del governo iraniano: false accuse, minacce di rapimento, suo fratello è stato messo in prigione per due anni, la sorella è stata costretta a disonorarla in un annuncio alla televisione pubblica e innumerevoli minacce di morte. Lei prosegue imperterrita nelle sue battaglie e non si arrende. Allora, un consiglio per tutti: come si combatte la paura? “La paura può sopravvivere a qualsiasi dittatura e battaglia e può ucciderci tutti più di qualsiasi governo. Qualsiasi persona ha paura di una donna che non ha paura. Quando ho ricevuto le minacce di morte ero molto spaventata. Poi ho pensato: se il governo iraniano ha mandato qualcuno a New York per uccidermi, allora voleva dire che loro avevano paura di me. Questo cambio di prospettiva mi ha aiutata molto. Quando siamo spaventati dobbiamo chiederci perché. Mi rifiuto di avere paura perché non voglio che i miei nemici vincano”.