“Non è un atto d’accusa contro i professori, ma contro lo Stato che non forma in maniera giusta gli insegnanti”, così il francese Olivier Ayache-Vidal parla della sua opera prima Il professore cambia scuola (titolo originale: Les Grands Esprits), che uscirà nelle sale il 7 febbraio distribuita da Pfa Films e Emme Cinematografica.

Protagonista è un professore (Denis Podalydès, membro della Comédie-Francaise) che insegna in un prestigioso liceo della Parigi bene. Dopo essersi fatto bello con una funzionaria ministeriale si trova catapultato direttamente nella realtà ben più disagiata di una scuola delle banlieue.

“Non sono un professore, ma da padre sono sempre stato interessato al tema dell’istruzione- racconta il regista-. Da tempo volevo fare un film su questo argomento anche se in Francia ce ne sono parecchi in materia. Per cui ho prima passato due anni dentro la classe di una scuola della periferia parigina e questo mi ha portato a conoscere meglio la realtà che volevo raccontare e ad essere più credibile”.

Nel film non solo i ragazzi impareranno molto dal professore Francois Foucault, ma lui stesso apprenderà molto dagli studenti, tanto da uscirne cambiato.

“E’ il principio dei vasi comunicanti che è qualcosa che dovrebbe sempre accadere nella vita. Un processo di trasmissione non è a senso unico”, commenta Ayache-Vidal, che poi sottolinea di aver incontrato: “Professori che si adattano alle situazioni, mentre alcuni ci riescono un po’ meno. Molti insegnanti si sono riconosciuti nel mio protagonista”.

Tanti i film sull’argomento dall’indimenticabile L’attimo fuggente con il suo “Capitano, mio capitano…” al più recente La classe di Laurent Cantet, che raccontava l’anno scolastico di un insegnante francese all’interno di una scuola media parigina sempre di periferia. Quali le differenze? “La scuola è la stessa, ma il protagonista è totalmente diverso. Il film di Cantet è stato scritto da François Bégaudeau, che era un insegnante in crisi. Si è accorto di non saper insegnare e, anziché mettersi in discussione, ha deciso di cambiare mestiere e si è messo a scrivere. Ha quindi scritto il libro La classe e la sceneggiatura dell’omonimo film, nel quale interpreta anche il protagonista. Quel film di fatto racconta il fallimento di un professore che pensa sia impossibile un cambiamento, soprattutto in un certo tipo di scuole della banlieue, e quindi c’è una sorta di rassegnazione al fatalismo e al fatto che non si possa fare nulla per questi ragazzi. Al contrario io mando un messaggio esattamente opposto: sono i professori che devono adattarsi e fare emergere quanto c’è di buono negli alunni. Il loro è un lavoro molto difficile”.

Grazie a un finale aperto e allo sfumare la potenziale parte romantica del film (il rapporto tra Francois e una giovane professoressa, fidanzata con l’insegnante di matematica che è più una “zavorra” che altro) Ayache-Vidal è riuscito a tenere fuori la retorica. “E’ stato difficile e complesso e per farlo è stata davvero preziosa l’osservazione sul campo della realtà che mi ha permesso di vedere le persone con tutte le proprie debolezze- spiega -. Ho spesso conversato con i professori e ho scritto ben quindici versioni della sceneggiatura proprio per liberarla da tutti i cliché. Ho partecipato ai consigli di classe e agli incontri pedagogici e ho assistito realmente a un consiglio disciplinare nel quale mi avevano accertato che un alunno non sarebbe stato espulso quando poi è stato mandato via”.

Cosa che spesso accade in Francia: “Le scuole sono molto rigide: ogni anno ci sono ben 17mila espulsioni definitive” e cosa che succederà ad uno dei suoi alunni di nome Seydou (interpretato da Abdoulaye Diallo).

Sulla scelta degli attori il regista dice: “Denis Podalydès in realtà prima di fare l’attore voleva fare l’insegnante. Per quanto riguarda i ragazzi, che interpretano gli alunni, mi è sembrato doveroso girare il film nella scuola dove avevo passato quei due anni di osservazione e scegliere quelli di quell’istituto. Mi è sembrata la maniera giusta di rendere qualcosa a quei giovani che mi avevano insegnato tanto. Ho avuto un solo dubbio per il ruolo dell’alunno diciamo principale e cioè per il personaggio di Seydou. In quel caso ho fatto un casting tradizionale, ma poi ho comunque scelto uno di quella scuola”.

Infine sulla scelta di chiamare Francois Foucault il suo protagonista spiega: “Il cognome ovviamente si riferisce al grande filosofo e storico francese. Il nome l’ho scelto invece in onore di un mio professore che era autoritario e severo, ma allo stesso tempo comprensivo”.