“Decido in base al mio istinto quali storie raccontare. Mi piacciono i personaggi che si trasformano e non amo fare film dello stesso genere”. Parola del regista francese Jean-Jacques Annaud che presenta il suo ultimo film Il principe del deserto, in uscita nelle nostre sale il 23 dicembre distribuito da Eagle Pictures in 300 copie.
Tratto dal romanzo Paese delle ombre corte di Hans Ruesch, è “una storia araba tra modernità e tradizione” che si svolge all'inizio del ventesimo secolo dove due sultani da sempre nemici si devono confrontare. Il principe Auda (interpretato dal protagonista de Il profeta Tahar Rahim) ostaggio dell'emiro Niseb (Antonio Banderas) che da timido appassionato di libri si trova coinvolto in una lotta per il petrolio tra il suo oppressore e il legittimo padre Amar (Mark Strong). Tra mille peripezie il timido studioso si trasforma in re, da innocente accademico a duro condottiero in battaglia.
“Il mio personaggio vive nel suo mondo di libri. Ci somigliamo per la tolleranza e la bontà”, dice Tahar Rahim, che nel film vive una storia d'amore con la Principessa Leyla (la star di The Millionaire Freida Pinto). Una storia sul mondo musulmano e arabo portata sul grande schermo grazie all'incontro tra il produttore Tarak Ben Ammar, che trent'anni fa (mentre era sul set di Guerre stellari) lesse il racconto di Ruesch e decise di comprarne i diritti per realizzarne un film e il regista Jean-Jacques Annaud, da sempre affascinato dal mondo arabo.
Sui numerosi richiami tra Il Principe del deserto e Lawrence d'Arabia il regista dice di non aver riguardato Lawrence: “E' un film magnifico e mi sono voluto recare nei luoghi dove è stato girato, in particolare in Giordania. Mi hanno influenzato i film giapponesi, Kurosawa e Sergio Leone”.
“Sono prudente e ho cercato di rappresentare una visione onesta di quel mondo, consultando specialisti del Corano e del mondo arabo, documentandomi e servendomi dei miei viaggi e della mia esperienza personale”, dice il regista che conclude: “Quando ho girato questo film ero preoccupato della reazione che potevano avere gli spettatori arabi e del Maghreb invece è stato un successo. Anche perché per una volta non sono stati rappresentati come terroristi”.