A vedere il suo volto pacioso non si direbbe che Genndy Tartakovsky sia una delle più geniali personalità dell’animazione commerciale, che ha cambiato il volto dei cartoons televisivi grazie a un mix di creatività artistica, umorismo pop, colori e ritmo sfrenato. Nato a Mosca ma subito trasferitosi negli USA, dopo aver vinto miriadi di riconoscimenti con Il laboratorio di Dexter (“Ha un posto speciale nel mio cuore, è tutto partito da qui”), Le superchicche, Star Wars: Clone Wars e soprattutto Samurai Jack, Tartakovsky ha cominciato a dedicarsi al cinema con Hotel Transylvania. Un successo che ha portato Sony a dare a Tartakovsky due seguiti di cui il terzo, Hotel Transylvania 3 - Una vacanza mostruosa, sarà nelle nostre sale dal 22 agosto.

“La filosofia dell’outsider - ci dice Tartakovsky a Cannes, dove lo abbiamo incontrato a margine del festival - fa parte della mia vita perché sono un migrante e ho sempre avuto a che fare con le dinamiche dell’integrazione, perciò le uso nel mio lavoro anche se poi le racconto attraverso ciò che mi riesce meglio: intrattenere e far ridere. Il resto lo fa il mio subconscio”.

Anche in Hotel Transylvania 3 la difficile integrazione tra il mondo dei mostri che circonda Dracula e gli umani è al centro dell’attenzione: durante una crociera dedicata ai mostri, Dracula si innamora della bella capitana Ericka. La quale però è la discendente di Van Helsing, il mortale nemico di Dracula.

E anche in questo terzo capitolo della serie, le caratteristiche dell’animazione di Tartakovsky non mancano, soprattutto il modo originale di creare gag e humour: “Far ridere è un equilibrio difficilissimo, un’alchimia rara specie in film come i miei, in cui lo scopo principale è la risata. Ricordo la prima volta che ho visto Hotel Transylvania in una sala con il pubblico: vedere che durante una gag papà e figlio ridevano nello stesso momento è stato meraviglioso. Anche perché devo cercare di stimolare la risata attraverso meccanismi adatti ai grandi e ai bambini: è una questione di gusto e sensibilità e poi mi piace l’umorismo visivo, con pochi dialoghi. Per questo prediligo l’umorismo slapstick, fisico: trascende le età e rende più efficace il mio lavoro”.

L’uso del silenzio è una caratteristica delle sue opere migliori ma in un film per una major è stata un po’ messa da parte, ma com’è stato il passaggio dalla tv al grande cinema? “È stato abbastanza difficile perché in una grande produzione anche la collaborazione tra i vari reparti deve essere grandissima, perché il lavoro è talmente capillare e ramificato che non potevo fare tutto da solo, come invece spesso in tv ho fatto e mi piace fare. È un rapporto tra capacità di controllo e assistenza, dirigere e delegare. È come fare una vacanza in famiglia, appunto, e a volte possono esserci dei litigi”.

Non passa inosservato comunque che in tempi di riscosse femminili e Time’s Up i personaggi forti del film siano due donne ossia Mavis, la figlia del Conte, e Ericka: “Tutto è partito dall’idea di fare di Ericka una sorta di cattiva che fosse anche al centro di una love story con Dracula. Poi ci è sembrato curioso lavorare su Mavis: nel primo film è Dracula a voler proteggere lei dalla relazione con un umano, oggi è la ragazza che cerca di prendersi cura del padre”. È nello scontro tra queste due donne, che è anche uno scontro di generazioni e di visioni del mondo, e non solo di genere, che sta l’attualità di un prodotto che non è semplicemente un film buffo”.