"Non amo molto la parola precariato, perché abusata e televisiva: uniformando la questione con questo termine/marchio si finisce per nascondere anziché mettere in luce il problema". Così Massimo Venier presenta il suo nuovo film, Generazione 1000 Euro, adattato per lo schermo insieme a Federica Pontremoli, liberamente ispirato all'omonimo libro di Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa (ed. Rizzoli), nelle sale dal 24 aprile per 01 distribution con 300 copie: "Rispetto al libro - dice ancora il regista - abbiamo voluto non concentrarci solamente su un ragazzo che cerca di sbarcare il lunario per arrivare a fine mese: volevamo rappresentare le diverse possibilità con cui differenti personaggi, ognuno meritevole di attenzione, tenta di affrontare la situazione". Ed allora ecco Matteo (Alessandro Tiberi), laureato in matematica e a progetto in una multinazionale per fare un lavoro che non ama, l'amico e coinquilino Francesco (Francesco Mandelli), malato di playstation, appassionato di cinema e proiezionista, la nuova abitante Beatrice (Valentina Lodovini), supplente di lettere in attesa di nuovo incarico e la rampante Angelica (Carolina Crescentini), nuovo vice direttore marketing nell'azienda dove lavora Matteo: "La nostra intenzione primaria - racconta la sceneggiatrice Federica Pontremoli - non è stata tanto quella di mettere in luce il problema della precarietà e/o le possibili soluzioni, ma le differenti reazioni alla situazione portate da ognuno dei personaggi".
Reazione che, come spesso accade, è affidata in principal modo alle figure femminili: "Sono convinto per principio che le donne siano più brave di noi uomini a cambiare il mondo - dice Venier - e poi dal punto di vista narrativo avevamo bisogno di due personaggi femminili che, seppur diametralmente opposti, avrebbero influenzato l'evoluzione di Matteo, il protagonista". Il quale, per ammissione dello stesso Tiberi, "si rapporta a tutti gli altri personaggi come se fossero uno specchio che lui cerca di decifrare: è intelligente, vorrebbe fare ciò per cui ha studiato una vita e invece si ritrova in una multinazionale senza sapere cosa farà domani. L'unica arma che gli rimane è quella del sarcasmo, dell'ironia".
Stessi strumenti con i quali, probabilmente, ognuno di questi giovani interpreti cerca di affrontare il più precario dei mestieri, il loro: "Con una differenza, però - dice ancora Tiberi -, che noi abbiamo scelto di intraprendere questa strada e, per un certo verso, siamo dei privilegiati. La maggior parte della gente, invece, è ostaggio del proprio lavoro".