Il Clan
El Clan

- Regia:
- Attori: - Arquímedes Puccio, - Alejandro Puccio, - Epifanía Puccio, - Daniel "Maguila" Puccio, - Silvia Puccio, - Guillermo Puccio, - Adriana Puccio, - Mónica, - Anibal Gordon, - Oveja Gonzalo
- Sceneggiatura: Pablo Trapero, Esteban Student, Julián Loyola
- Fotografia: Julián Apezteguía
- Musiche: Sebastián Escofet
- Montaggio: Pablo Trapero, Alejandro Carrillo Penovi
- Scenografia: Sebastián Orgambide
- Costumi: Julio Suárez
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Altri titoli:
The Clan
- Durata: 108'
- Colore: C
- Genere: BIOGRAFICO, DRAMMATICO
- Produzione: HUGO SIGMAN, MATÍAS MOSTEIRÍN, AGUSTÍN ALMODÓVAR, PEDRO ALMODÓVAR, ESTHER GARCÍA, PABLO TRAPERO PER KRAMER & SIGMAN FILMS, MATANZA CINE, EL DESEO, IN COPRODUZIONE CON TELEFÉ, TELEFONICA STUDIOS
- Distribuzione: 01 DISTRIBUTION
- Data uscita 25 Agosto 2016
TRAILER
RECENSIONE
Tra i mostri partoriti dalla dittatura argentina segniamoci anche una famiglia rispettata e all’apparenza tranquilla, i Puccio, in realtà un’anonima sequestri che si lasciò dietro una lunga scia di sangue nei primi anni ’80.
El Clan di Pablo Trapero ricostruisce con dovizia di particolari la sua storia a partire dalla deposizione della giunta militare e l’avvento della democrazia. Il capo-famiglia, Archimede (l’ottimo Guillermo Francella), era membro dei servizi di sicurezza dell’ex dittatura e godeva di una rete di protezioni politiche che gli consentirono di agire impunito e prosperare a lungo. I suoi metodi erano stati pensati e avallati dal precedente governo, dovevano perciò apparire normali a lui e alla sua famiglia.
Il film di Trapero gioca proprio su questa stridente contrapposizione tra la mostruosità dei crimini commessi dai Puccio e il modo in cui la famiglia li assimila nella propria routine quotidiana, concependoli come un’abitudine tra le tante, una delle tante incombenze che scandiscono una giornata, tra la colazione e la tv da guardare insieme la sera sul divano. E a sottolineare la “leggerezza” con la quale certe faccende venivano sbrigate, Trapero si diverte a immergere le scene più efferate nel sound energico e spensierato di alcune tra le hit di maggiore successo degli anni ’80, o a montarle parallelamente con situazioni più banali.
Pur essendo un film corale, El clan si focalizza principalmente sul rapporto tra il pater familias e il primogenito Alexander (Peter Lanzani), usato spesso come esca per le vittime e tra i figli il più intimamente lacerato.
Trapero però si guarda bene dal dare una sterzata sentimentale, psicologica o morale all’epopea criminale della famiglia Puccio, preferendo mantenere un approccio puramente narrativo, interessato più a intrattenere che a turbare lo spettatore.
Nonostante le connessioni storiche e la precisa ricostruzione d’epoca, El Clan si rivela in definitiva un film di genere che si segue senza fatica e si dimentica altrettanto facilmente.
NOTE
- LEONE D'ARGENTO ALLA 72. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (2015).
CRITICA
"Metamorfosi d'autore. Abbiamo scoperto l'argentino Pablo Trapero ai tempi del bellissimo 'Mundo Grua', che impreziosì la Settimana della Critica a Venezia nel remoto 1999. Lo ritroviamo quasi vent'anni dopo con un film di puro e irresistibile racconto che può sembrare l'opposto di quel poetico debutto in bianco e nero, ma forse porta a compimento un percorso insieme artistico e esistenziale. (...) 'El Clan' sarà più tradizionale nella forma ma non sbaglia un colpo rievocando la storia sordida e verissima del 'clan Puccio' (...) un impagabile Guillermo Francella (...). Da brivido: e con dettagli autentici da 'black comedy' (...) che rendono tutto ancora più incredibile e inquietante." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 agosto 2016)
"E' cosa nota che i rapimenti siano stati in Argentina uno strumento di controllo politico durante la dittatura militare, al termine della quale si contarono circa trentamila sparizioni. Pochi sanno però cosa accade negli anni immediatamente successivi, quando si cominciò a parlare dei desapaceridos vittime della repressione militare, ma di gente ne spariva ancora. La grande idea di Pablo Trapero è quella di rievocare con 'II clan' (...) un doloroso fatto di cronaca che trent'anni fa segnò profondamente il suo Paese per raccontare gli ultimi sussulti di un regime che aveva appena lasciato il posto a una fragilissima democrazia, dove persisteva un clima di grande impunità. (...) II regista costruisce il suo teso, disturbante romanzo criminale pensando a Scorsese e De Palma e ci mostra la banalità del male dal punto di vista degli aguzzini, riflettendo su quante atrocità possono commettere le cosiddette persone normali. (...) Ci sono voluti molti anni di ricerche perché il regista, che nel 1985 aveva quattordici anni, riuscisse a portare a termine un progetto al quale pensava da tempo. Non esiste una documentazione accurata degli eventi, non c'è materiale ufficiale, e le cronache sono piuttosto sporadiche. Nessuno dei Puccio ha accettato di parlare (Arquímedes avrebbe voluto, ma è mono prima di riuscire a farlo) e l'aiuto più prezioso è arrivato dai vicini di casa che furono testimoni ai processi e dai parenti delle vittime. Arquímedes (...) ha il volto glaciale di Guillermo Francella, icona comica nazionale sapientemente trasformata, e non solo dal trucco, in un mostro psicopatico a sangue freddo. Trapero maneggia la rischiosa materia con mano sicura, innesta nella narrazione una vena di amara ironia e traccia un ritratto lucido e asciutto di un uomo al di sopra di ogni sospetto, senza mai lasciarsi tentare neppure per un istante dal fascino del male. II pubblico non sarà mai dalla parte di Arquímedes, ma non potrà fare a meno di amare questo film capace di raccontare una delle più oscure pagine della recente storia argentina e di ricordarci quanto queste vicende di ordinaria violenza siano ancora pericolosa-mente possibili." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 25 agosto 2016)
"Storia vera e metonimia dell'Argentina 'in transizione', quella dei Puccio ha affascinato il talentuoso regista Trapero nonché i suoi produttori, Pedro e Agustín Almodóvar, che hanno confezionato un'opera senza maiuscole ma di sicuro interesse." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 25 agosto 2016)
"Piacerà a chi ama le storie di malavita come le fa Martin Scorsese (che tra un della e l'altro ama riprendere i suoi delinquenti tra le pareti di casa quando mangiano bevono e scherzano come brave persone). Trapero non è Scorsese, ma non è troppo indietro (e difatti l'hanno premiato per la regia all'ultimo festival di Venezia)." (Giorgio Carbone, 'Libero', 25 agosto 2016)
"II film, ottimamente interpretato, è tratto da una storia vera, preciso ritratto di quel momento storico." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 25 agosto 2016)
"(...) una incalzante, stordente, avvincente 'crime story' su una famiglia vera e fatti davvero accaduti (...). Come ha scritto il 'New York Times', il film è uno studio sulla banalità del male ma anche sul male della banalità, espresso soprattutto dall'Arquímedes di Guillermo Francella, celebrità in Argentina, faccia spietata e paterna, sguardo gelido e affettuoso, voce, in originale, pacata e minacciosa, che non dovrebbe essere doppiata. (...) Nell'ultima parte del film c'è una serie di colpi di scena che fanno battere il cuore. (...) Non perdetelo." (Natalia Aspesi, 'La Repubblica', 22 agosto 2016)