Il dio del tuono mostra i muscoli in questa terza avventura che lo vede come protagonista. Si taglia i capelli, dissotterra il martello della guerra e torna a scatenare il finimondo, con fulmini e saette che inceneriscono ogni possibile avversario. L’ultima volta avevamo incontrato Thor in Avengers: Age of Ultron quando, dopo aver salvato la Terra, era decollato verso Asgard (la sua casa) tra gli applausi della folla. La sua chioma bionda faceva impazzire le ragazze e il padre Odino lo aspettava a braccia aperte, nonostante le pericolose incomprensioni con il fratello Loki, intrigante villain dal cuore buono.

Poi è sparito. Il demiurgo della Marvel Kevin Feige lo ha tenuto in panchina in Captain America: Civil War e in questo Thor: Ragnarok scopriamo finalmente il perché. Il principe di Asgard deve crescere e guadagnarsi il trono di Odino. La mitologia norrena lo richiama alle origini e, per non perdere lo smalto, deve fronteggiare la malvagia Hela, sua sorella, dotata di poteri sovrumani capaci di sminuire addirittura quelli di Thor. Il nostro eroe si confronta con un’impresa impossibile: ritrovare se stesso, sconfiggere il male, e scoprire la vera fonte della sua potenza. La perfida Hela sgretola in mille pezzi il leggendario martello Mjiolnir e lui viene deportato su un pianeta di gladiatori, dove lo attende un’arena intergalattica.

Ad aiutarlo trova Hulk, anche lui sparito dai radar degli Avengers. Il Mr. Hyde di Bruce Banner è diventato il campione, ed è entrato nelle grazie dell’imperatore del sistema: un Jeff Goldblum dall’animo vintage che gestisce il suo mondo come un luna park a cavallo tra gli Anni Ottanta e Novanta. La musica elettronica diventa protagonista e, nelle sequenze più concitate, risuona imperiosa l’Immigrant Song dei Led Zeppelin, già sentita in Wonder Woman della Dc Comics. La battaglia tra Marvel e Dc infuria anche a suon di colonne sonore.

Thor: Ragnarok abbandona l’anima shakespeariana dei capitoli precedenti e schiaccia l’acceleratore su una comicità quasi demenziale. Il regista neozelandese Taika Waititi, una new entry nell’universo Marvel, evita i toni da apocalisse e punta sul machismo, sui siparietti da buddy movie tra Hulk e Thor, e sulle carnevalate. Il grande schermo diventa una sfilata di star ed illustri camei, con una piccola parte anche per il Doctor Strange di Benedict Cumberbatch. Ma non mancano anche il sempreverde Stan Lee, un imbarazzante Matt Damon, e un Sam Neill orbo, che ritrova Jeff Goldblum dopo la serie dei Jurassic Park.

 

L’obiettivo di Waititi era quello di non prendersi troppo sul serio e indubbiamente ci è riuscito, saltando dal cinepanettone alle combo da videogioco. Nelle scene d’azione tutto è lecito e i rallenty enfatici sono la portata principale. Preparatevi al delirio, alle battute ad effetto e alle grandi pacche sulle spalle. Come recitava lo speaker nel Warrior di Gavin O’Connor: “Mamma ritira le porcellane, i bambini hanno ricominciato a litigare!”.