A metà tra documentary e found footage, il terzo film della saga inaugurata da Chris Kentis quasi quindici anni fa, Open Water 3 - Cage Dive di Gerald Rascionato, recupera tutti gli stilemi introdotti dal pionieristico survival shark movie e riporta lo spettatore ancora una volta in mare aperto.

Pretesto per lo sviluppo del copione il riferimento al fenomeno mediatico suscitato dai reality: tre amici californiani (Mark Fell, Megan Peta Hill, Joel Hogan) si recano in Australia per girare un video subacqueo sulle loro immersioni tra gli squali, da utilizzare poi come provino per un reality show estremo chiamato “Shark Cage Diving”. Qualcosa però non va per il verso giusto, la loro imbarcazione viene sorpresa da un'enorme onda che spazza via ogni cosa. I tre rimangono quindi soli in mezzo all'oceano in balia degli squali affamati…

Se Kentis, nel lontano 2003, mirava attraverso un riuscitissimo low budget a portare in scena il rapporto di coppia e le difficoltà che attorno a questo gravitano contestualizzandolo in una cornice cristallina e terrificante, dove gli squali fungevano da elemento ultimo, i sequel sembrano aver invertito il senso di marcia ponendo la pinna caudale al centro di trame sciatte e che nulla di innovativo apportano al sottogenere.

In particolar modo questo Cage Dive giunge nelle nostre sale a sostituzione del valido 47 metri di Johannes Roberts dal quale copia palesemente l’esperienza della gabbia antisqualo mutando semplicemente costa (qui siamo su quella australiana e non messicana) e facendo della soggettiva la tecnica di ripresa principale. Ben riuscite le sequenze che vedono gli squali dare la caccia ai tre malcapitati e la tensione non manca, ma questo non basta a giustificare un’ulteriore produzione basata esclusivamente sulle urla e qualche chiazza di sangue. Possa il nostro Jaws perdonarli.