L’onda lunga, o corta, della crisi che non se ne va, soprattutto quella dei colpevoli: manager, broker e compagnia truffaldina di Wall Street. L’ultimo campione, almeno per la nostra programmazione cinema, è un manager di fondi di investimento, il waspissimo James King (Will Ferrell), che ha tutto quello che la sua razza impone: trophy wife, casa reggia e comunque da cambiare in attesa dell’erede al trono.

Appena divenuto socio, gli arriva però la proverbiale mazzata tra capo e collo: condannato per frode, ha un mese di tempo prima di finire al gabbio, ovvero San Quentin, per 10 lunghissimi anni. Che fare? Prepararsi al peggio, cercando protezione per non soccombere/sottomettersi dietro le sbarre: il salvatore promesso è il nero Darnell Lewis (Kevin Hart), che millante precedenti esperienze galeotte e per 30mila dollari di cui ha disperato bisogno farà diventare James un duro.

Diretto dall’esordiente Etan Cohen (Ethan Coen è davvero un’altra cosa, non solo per l’ha traslata), è Duri si diventa, che nella cornice della commedia ebony & ivory – continuate voi la canzone… - frulla crisi e furbetti della finanza, discriminazione razziale e ghettizzazione sociale, chiedendo a Ferrell e Hart la chimica buona per catalizzare le reazioni. Loro sono simpatici, ma non è una novità: come tutto il resto. Sufficienza risicatissima, ma solo per due motivi: la trovata Boyz n the Hood funziona e, soprattutto, siamo in estate e la siccità impera. Anche in sala.