Vedova – la predilezione del viola sarà mica simbolica? - ancora prima di sposarsi. Perché la bella e brava  Yuni (Arawinda Kirana, ottima) non ha alcuna intenzione di sposarsi, preferisce proseguire gli studi, ovvero affrancarsi da un destino segnato: all’ultimo anno del liceo si sottrarrà alle aspettative della propria comunità, della propria famiglia perseguendo il libero arbitrio, costi quel che costi.

Nella Selezione Ufficiale della XVI Festa del Cinema di Roma, è Yuni, scritto (con Prima Rusdi) e diretto dalla indonesiana Kamila Andini: incubato al Torino Film Lab, è sttao recentemente insignito del Platform Prize 2021 al Festival di Toronto.

Nel cast anche Kevin Ardilova, Dimas Aditya, Marissa Anita e Asmara Abigail, la co-produzione tra Indonesia, Francia, Singapore e Australia si mette sui binari del classico coming of age, del romanzo di formazione, ma ha una freschezza, diremmo una sincerità e una necessità superiore alla media, nella parabola di Yuni che secondo i dettami islamici è oggetto della proposta di matrimonio prima di un ragazzo che conosce appena, poi di un uomo maturo quale seconda moglie, infine del suo insegnante di letteratura: che fare? Il suo caso non è ovviamente unico, attorno compagne di scuola già maritate, stuprate o ricattate: il focus, disforico, è sulla condizione femminile, ma il paradigma, dunque la denuncia, non perde mai la grazia, l’empatia, un tocco lieve ma determinato che in fondo è la critica migliore a questo sistema di asservimento.

Particolarmente tenero è il parallelo passo a due tra Yuni e Yoga (Kevin Ardillova), cui Andini, natali a Giacarta e studi di sociologia a Melbourne, assegna il contrappunto – letteralmente – poetico, la via di speranza nel buio della sopraffazione, nel giogo della tradizione.

Nulla di nuovo sotto il sole, si potrebbe obiettare, ma il valore di Yuni sta nei raggi da cui è rischiarato: c’è misura, sensibilità e fragilità, le stesse delle cose preziose.