Basta un click per distruggere una vita, per strappare una ragazza dai suoi anni migliori e trasformarla in merce di scambio. Il corpo rischia di perdere ogni valore in una società dove tutto è in vendita, anche la verginità. Le persone vengono private della loro unicità, per diventare un pezzo di carne da mettere all’asta sul web.

È inutile fare i moralisti. Non si tratta solo di prostituzione sulla rete, ma è un fenomeno che affonda sempre di più le sue radici. Costringe a guardare nell’abisso, a immergersi nell’oscurità. La disperazione è all’ordine del giorno, la crisi (spesso economica) spinge l’animo umano sull'orlo del baratro.

 

Le baby squillo non sono purtroppo una novità. La cronaca romana le ha portate sulle prime pagine con il caso delle “parioline” minorenni, da cui a breve sarà anche tratta una serie, disponibile su Netflix da novembre. Ma in Youtopia non si vedono tacchi alti e gonne corte. Una ragazza normale promette di concedersi al miglior offerente, perché rischia di perdere la casa, e forse anche gli affetti. La madre non si oppone. Soffre in silenzio. Affoga il dolore nel bicchiere mentre il suo cuore urla. È d’accordo con la figlia Matilde, e non ha la forza per fermarla. La banca si sta per prendere il tetto che hanno sulla testa, e lei non sa come uscire da quell’inferno che le circonda. Ormai la dignità l’ha messa da parte, come anche gli scontri generazionali, che sembrano non avere più importanza.

Matilde è l’emblema di una gioventù sotto scacco. Internet rende tutto più veloce, a portata di mano. L’adolescenza è un passaggio sempre più breve: molti sono adulti già da piccoli. Il tempo per crescere è finito e i pericoli sono ovunque, nascosti dietro allo schermo di un computer all’apparenza innocuo. Matilde è giovane e bella, come raccontava François Ozon in un suo film del 2013. Ma la sua non è vanità.

Non ama farsi guardare e non è morbosamente curiosa. Vorrebbe sparire sotto le coperte del suo letto, sfuggire per sempre alla webcam che attende la sua prossima performance. Il suo porto sicuro è la realtà virtuale, la stessa di Steven Spielberg in Ready Player One. Ma non ci sono mondi da scoprire o chiavi da recuperare. Un avatar le permette di sentirsi libera, di dimenticare per un momento ciò che l’attende.

Solo in un videogioco Matilde riesce a esprimersi, a costruire un rapporto fatto di emozioni e sentimenti. “Sei sempre davanti a quel maledetto computer”, le urla la madre, senza capire. Dietro a un monitor può esserci anche il paradiso. È un paradosso contemporaneo, che il regista Berardo Carboni aveva già presentato con un linguaggio innovativo in VolaVola, un lungometraggio che a modo suo potremmo definire di avanguardia. Un cinema indipendente, che torna con Youtopia per guardare alla maggiore età con occhio triste. L’utopia sarebbe essere diciottenni senza pensieri, che non hanno bisogno di alter ego “pixellati” per trovare la felicità.