“Quel che accade oggi a Calais mi ricorda ciò che è accaduto in Francia durante l'occupazione tedesca: aiutare un clandestino è come aver nascosto un ebreo nel '43, si rischia il carcere”. Parola del regista francese Philippe Lioret: il suo film, Welcome, ha totalizzato 10 milioni di incassi, le sue parole hanno acceso le polemiche.
Nel mirino, l'articolo L622/1 della legge sull'immigrazione voluta da Nicolas Sarkozy, che punisce con cinque anni di reclusione i cittadini francesi che aiutano i clandestini, come quelli della “giungla” di Calais. Sul banco degli imputati sono finite pure l'organizzazione umanitaria Emmaus fondata dall'abbé Pierre e una casalinga 59enne rea di aver ricaricato il cellulare di alcuni irregolari.
Reduce dai premi della Berlinale, già in cartellone al festival di Torino, Welcome arriva in sala grazie a Teodora e rischia di essere il regalo più bello sotto l'albero cinematografico: protagonisti a Calais il 17enne clandestino curdo Bilal (Firat Ayverdi, non professionista), che vorrebbe raggiungere l'amata Nina a Londra, e l'istruttore di nuoto Simon (Vincent Lindon, starordinario), prostrato dalla fine del matrimonio. Sarà lui a fare del "corridore di Mosul" Bilal un nuotatore capace di attraversare la Manica a nuoto: da Calais a Dover, 33 chilometri nel mare ghiacciato e infestato di cargo, per raggiungere la terra promessa.
Girato con apprezzabile realismo e asciuttezza (poche le sbavature: dalla musica enfatica di Nicola Piovani allo zerbino con la scritta "welcome"...), Welcome è senza concessioni né semplificazioni un "film per tutti", capace di accogliere lo spettatore per farlo riflettere di cuore e di pancia sulla non accoglienza che riserviamo ai migranti - senza, per contro, eluderne i lati oscuri col buonismo d'accatto. L'approdo segna una tappa fondamentale sulla via cinematografica alla migrazione: complici due interpreti in stato di grazia e una storia che rimane attaccata alla realtà, la nostra, per (di)mostrarci quanto sia inumana. Fuori dallo schermo, dentro il mondo. Purtroppo. E per Bila e gli altri ritorna in mente il titolo di un'altra regista francese, Agnès Varda, Leone d'Oro nel 1985: Senza tetto né legge...