Ancora un film di guerra per Steven Spielberg. Immediatamente vengono alla memoria Schindler's List e Salvate il soldato Ryan, che però hanno poco a che fare con War Horse. Nel realizzare la trasposizione cinematografica del romanzo di Michael Morpurgo l'autore lascia da parte il crudo realismo estetico di quei due film per tornare alla confezione più patinata e suadente che aveva contraddistinto il suo cinema negli anni '80. Ecco allora che il riferimento principale diventa un lungometraggio sottovalutato come L'impero del sole. Trattandosi poi della Prima Guerra Mondiale, Spielberg non rinuncia neppure a omaggiare il suo idolo Stanley Kubrick, riproponendo quasi identica la sinuosa carrellata attraverso i campi di battaglia che ha reso indimenticabile Orizzonti di gloria.
Visivamente curatissimo, tanto arioso nelle scene campestri quanto claustrofobico in quelle ambientate nelle trincee, War Horse difetta però di compattezza narrativa: il cavallo protagonista della storia passa troppo in fretta attraverso molti personaggi che si prendono cura di lui, ma a cui resta difficile affezionarsi veramente. La sceneggiatura scritta da Lee Hall e Richard Curtis non fornisce la necessaria compattezza narrativa alla trama, e soprattutto nella parte centrale il film gira a vuoto in più di un'occasione.
Steven Spielberg rimane però il più grande narratore per immagini del nostro tempo, e quando costruisce una scena madre sa come arrivare al cuore dello spettatore meglio di chiunque altro. Ecco quindi che i cinque minuti finali di War Horse diventano cinema poderoso ed emozionante, da mettere nei momenti più alti della filmografia del papà di E.T.
Girato quasi interamente nelle campagne inglesi, interpretato da un folto gruppo di caratteristi all-british - spiccano tra tutti il carisma di Peter Mullan e dell'astro nascente Benedict Cumberbatch - War Horse è un film discontinuo ma comunque capace di grandi momenti di cinema, come spesso è accaduto nella filmografia più recente del suo regista.