Resnais è uno dei registi che mi hanno insegnato ad amare il cinema e io lo ricambio da sempre, da Nuit et brouillard (1955) e da Hiroshima mon amour (1969), con tutta la mia devozione. In più, in questi ultimi anni, apprezzo appieno la sua decisione, adesso che di anni ne ha tanti (1922), di non farci mai la predica e di ricordarci in ogni suo film che ci sono modi diversi di pensarla, l'esistenza, come viverla, come stare al mondo e nel mondo (in buona sostanza, tanto per restare al festival e nel festival, Resnais non è un fissato come Haneke). Non abbiamo ancora visto niente, ci avverte il titolo del film. Che cosa non abbiamo ancora visto? Di sicuro un film come questo che comincia in un modo bellissimo e, appunto, inedito. Non ci sono nei titoli di testa i nomi degli attori e delle attrici, che invece appaiono uno dopo l'altro, una dopo l'altra, in persona, chiamati ognuno in causa, con il proprio nome e cognome, da una telefonata che li avverte della morte di un amico, un regista teatrale con il quale hanno messo in scena una piéce, una ”Eurydice”. Il defunto vuole che i suoi attori si riuniscano nella sua magione per vedere insieme una nuova versione di quest'opera portata in palcoscenico da una giovane compagnia. Gli attori arrivano nell'amplissima, elegante, pomposa dimora del morto e sono la bella squadra di interpreti di tanti film di Resnais: Mathieu Amalric, Pierre Arditi, Sabine Azéma, Anne Consigny, Michel Piccoli, Lambert Wilson e parecchi altri. Le piéces su cui lavora Resnais sono due, di Jean Anouilh. Una è “Eurydice”.
Il “dispositif” del film – come dicono i francesi – è dunque questo: gli attori vedono la nuova messinscena e intervengono per recitare le loro parti nelle passate messinscene. Così, di Euridici ce ne sono tre e tre sono gli Orfei. Quindi: cinema, teatro, il cinema che riprende su uno schermo video un testo teatrale rivisitato modernamente (ahimè…), il cinema che guarda un gruppo di attori recitare fuori dal palcoscenico il testo che hanno recitato anni prima in palcoscenico. E questi attori si trovano di nuovo in scena, in una stazione dove si parte per Montpellier o per un aldilà dove va Euridice e da dove Orfeo potrebbe ricondurla in vita se riuscisse a non guardarla in volto prima che arrivi l'alba. L'amour, la vie, la mort, le théatre, le cinéma et coetera. Temi del tutto resneiani. E quelle sue architetture pesanti e obese. Quei suoi posti così disegnati e segnati da geometrie passatiste. E colpi di teatro. Una resurrezione subito seguita da un suicidio. Cinema fin troppo colto (in molti rimproverano Resnais per questo), ma anche cinema giustamente gustoso: non avete per la testa tante ubbie mortifere?, volete vivere più spensieratamente? Seguite allora il saggio consiglio di Michel Piccoli. Prendete il treno non per l'Ade (là dove giaceremo polvere ossa o, se ci va bene, vagheremo come ombre) ma per Perpignan e regalatevi una cena al ristorante Jean-Hachette. “Dimenticherete tutto”, ci assicura Michel Piccoli in persona.