Dal celebre romanzo di Yann Martel (premiato nel 2002 con il prestigioso Booker Prize), Vita di Pi approda sullo schermo con il pluripremiato Ang Lee, dopo una lunga e difficile gestazione: quasi dieci anni di controversie e l'avvicendamento di diversi registi e sceneggiatori, per trovare infine la coppia formata dal regista taiwanese e David Magee, che ha riscritto la sceneggiatura nel 2010. Lunghissimo anche il  casting per scegliere il giovane protagonista: l'ha spuntata l'esordiente Suraj Sharma, un'altra scommessa di Ang Lee, che fatta eccezione per Gérard Depardieu non ha voluto volti noti nel cast.
La storia inizia e finisce a Montreal con Martel che, in crisi da pagina bianca, s'imbatte fortunatamente nella vicenda bigger than life di Piscine Molitor Patel (a 17 anni di età è interpretato da Suraj Sharma, contemporaneo da Irrfan Khan e adolescente da Ayush Tandon):  conosciuto da tutti come Pi, cresce sereno e multi-religioso a Pondicherry, India, negli anni ‘70, il padre (Adil Hussain) possiede uno zoo e il ragazzo passa le giornate tra tigri, zebre e ippopotami. Dopo avere tentato di fare amicizia con una tigre del Bengala di nome Richard Parker, il padre lo ammonisce: “La tigre non è tua amica! Gli animali non pensano come noi e chi trascura questo fatto viene ucciso!”. Quando Pi ha 17 anni, sull'onda dei cambiamenti politico-sociali del Paese, il padre e la madre (Tabu) decidono di emigrare in Canada alla ricerca di una vita migliore. Pi deve lasciare il suo primo amore, per imbarcarsi con genitori e alcuni animali dello zoo su una nave giapponese, dove incontrano uno chef sgarbato (Gérard Depardieu). Ma durante la notte accade l'impensabile: la nave affonda, Pi miracolosamente sopravvive e si trova su una scialuppa in pieno oceano Pacifico con una zebra, una iena e un orangutan. Non rimarrà nessuno di questi, ma qualcuno manca all'appello: Richard Parker. E' con lui che Pi dovrà fare i conti, and is a matter of life and death…
3D – la prima volta per Ang Lee - delicato e fascinoso, splendide inquadrature marine, con il gioco di specchi tra oceano e cielo riproposto più volte, Ang Lee vince la sfida: la sua Life of Pi gareggia a testa alta con il libro di Martel per stile, pathos e, soprattutto, presa empatica. Suraj Sharma fa il suo, con una prova fisicamente impegnativa e poeticamente totalizzante, e il suo nemico-amico Richard Parker non è da meno: una convivenza forzata, la loro, che Lee e Magee rievocano senza sindrome da peluche, ovvero, senza addomesticare la fiera e senza imbambolare l'uomo. Il fiato è sospeso, e nel bel mezzo dell'oceano spunta un interrogativo: che Vita di Pi sia il film summa di Ang Lee? Natura versus cultura, individuo versus società, afflati mistici e pragmatico sincretismo, i temi cari al regista taiwanese ci sono tutti, e brillano come (quasi) non mai. Sarà il mare?