Semi-documentaristico, drammatico e realista (anche se qua e là affiora una paradossale ironia) e con pagine di struggente intimismo. A livello di stile, l'ultimo film dell'ebreo franco-rumeno Radu Mihaileanu - Vai e vivrai - è diverso dal precedente Train de vie - Un treno per vivere (1998), che era un apologo grottesco, una favola tragicomica. Ma i temi sostanziali sono simili. La fuga degli ebrei rumeni di Train de vie, che si fingono deportati da altrettanto finti nazisti, così da sfuggire alla morte e raggiungere la Terra Promessa, in Vai e vivrai si riflette nel moderno esodo degli ebrei etiopi (i "falasha") che scappano dalla carestia e dalla violenza raggiungendo i campi profughi sudanesi, e che l'"Operazione Mosè" (promossa dagli USA e Israele fra il 1984 e l'85) porta il più possibile in salvo in Israele. La necessità di salvarsi sotto falsa identità segna l'avventura del piccolo etiope, che la madre cristiana - per amore - decide di far partire con i "falasha" facendolo passare per ebreo, ma separandosi da lui con un mandato: "vai, vivi e diventa". Col nome di Schlomo (lo stesso del matto di Train de vie), il bambino in Israele tace con tutti la doppia impostura (non è ebreo e neanche orfano) e viene adottato da una famiglia di Tel-Aviv, non praticante e pacifista. Il film intreccia la maturazione del protagonista con la storia sociopolitica israeliana degli ultimi 20 anni. Schlomo cerca d'integrarsi ma scopre che là non è il paradiso. Mentre è accolto da persone aperte senza pregiudizi (i genitori adottivi, un rabbino, un poliziotto) subisce pure il razzismo di estremisti religiosi, ebrei "bianchi" che considerano gli ebrei di pelle nera come inferiori, o contestandone a livello biblico la discendenza dal re Salomone e dalla regina di Saba. Ma lo sradicato Schlomo - né ebreo, né israeliano, né palestinese, né poi francese (la laurea in medicina a Parigi) - cresce come uomo responsabile nonostante le proprie e altrui contraddizioni. Col desiderio di rivedere la madre naturale (esaudito nel finale), pregando verso la luna di notte, egli scopre di aver avuto altre amorevoli figure materne. In risposta allo schematismo xenofobo di arbitrarie interpretazioni delle Scritture, c'è la bellissima sequenza della disputa dottrinale, in cui Schlomo spiega che Adamo non era né bianco né nero, ma rosso come la creta su cui Dio soffiò per creare lui e tutti gli uomini a sua immagine.