Nella Romania del 1938, il settantenne Dominic Matei (Tim Roth), professore universitario, decide di suicidarsi. Prima del proposito, durante un temporale, viene colpito da un fulmine. Ricoverato d'urgenza, semimorto, l'uomo è preso in cura dal dottor Stanciulescu (Bruno Ganz) il quale, oltre a constatare segnali di pronta guarigione, sarà testimone di un accadimento ancor più sensazionale: Dominic Matei è ringiovanito, assumendo l'aspetto di un quarantenne. E non solo: oltre al processo rigenerativo messo in moto dalla scarica elettrica - evento che metterà sulle sue tracce i nazisti, decisi a trasformarlo in cavia da laboratorio per gli studi del dottor Rudolf (André M. Hennicke) - Dominic Matei, ossessionato dal ricordo di un amore perduto nel tempo (Alexandra Maria Lara), ha acquisito eccezionali capacità mentali, in grado di sostenerlo per il compimento dell'opera a cui ha dedicato l'intera esistenza, un'incredibile ricerca filosofica e linguistica alle origini del tutto.
Dieci anni dopo L'uomo della pioggia, Francis Ford Coppola torna a produrre, scrivere e dirigere un film, girato e ambientato in Romania, partendo dal romanzo di Mircea Eliade, storico e studioso che parlava correntemente 8 lingue: Un'altra giovinezza (anche se, letteralmente, il titolo originale è forse più incisivo, giocando sulla contrapposizione tra giovinezza del corpo, dello spirito, e saggezza data dall'età reale) per capovolgere, amplificare, disperdere le immagini in un viaggio metafisico e onirico - esponendosi seriamente con alcune sequenze "soprannaturali" a rischio (il protagonista che riesce ad apprendere l'intero contenuto di un libro semplicemente tenendolo fra le mani...) - dove realtà, il suo doppio, presente e passato si mescolano, in un inno alla vita, all'amore e all'immaginifico che trova massima corrispondenza e straordinaria funzionalità nella simbologia visuale utilizzata nell'intero corso del film (iniziando dai titoli di testa - evidente rimando al cinema degli anni '40/'50 - per terminare con l'ormai inutilizzato "The End", senza titoli di coda). Ancora una volta supportato dal montaggio del fido Walter Murch - splendido per la prima ora - e alla prima esperienza con le luci del rumeno Mihai Malaimare Jr., Coppola realizza il suo film forse più "personale", libero e imperfetto: i tempi di capolavori come La conversazione, Il padrino e Apocalypse Now sono lontani, ma la ricerca di un'altra giovinezza, trasmigrazione cinematografica dall'approdo indefinito, è appena iniziata.